
È capitato a tutte prima o poi: di avere quell’amica che “la minigonna è meglio se non la metto”, quella sorella che “devo stare attenta se qualcuno mi guarda per strada perché altrimenti lui va su tutte le furie e ci litiga”, quel conoscente che “non voglio che la mia fidanzata esca con il suo amico perché sicuro lui prima o poi ci prova”. A esclusione di alcune manifestazioni estreme che risultano incompatibili con qualsiasi giustificazione, la risposta è sempre la stessa: "è geloso perché ci tiene". Quegli atteggiamenti diventano così non solo ammissibili, ma dimostrazione di cura, importanza e valore per la persona che li agisce. Un'ambivalenza che crea un cortocircuito nella considerazione di questo sentimento, percepito non come un qualcosa su cui riflettere e da cui rifuggire, ma piuttosto come una manifestazione di amore. Niente di più lontano dalla realtà.
La gelosia, infatti, non è sinonimo di interesse, ma di possesso. Chi vuole controllare i comportamenti dell'altro non lo fa per cura, ma solo per soddisfare i propri interessi. Non c'è la partner al centro, ma se stessi: si possono cercare tutte le giustificazioni del mondo ma, per quanto si possa provare ad abbellire la cosa, si tratta di un sentimento egoriferito che nulla ha a che vedere con l'amore, ma con il dominio. C'è molta differenza tra il desiderio di preservare il rapporto con la partner, e l'imposizione di questa (auto)tutela in forme coercitive e forzate. Impedire alla ragazza con cui si ha una relazione di andare in discoteca da sola, non farà durare di più la storia. Serve solo a nutrire l'ego ed esercitare il proprio desiderio di controllo. Nient'altro.
Non è facile. Siamo cresciuti in una società in cui la gelosia, nelle relazioni, non è vista solo come un qualcosa di normale, ma come un sentimento positivo. Soprattutto è considerato normale che, all’interno di una coppia, la gelosia sia agita in special modo dalla parte maschile. Anzi: un uomo poco possessivo nei confronti della sua compagna è mal giudicato, viene tacciato di indifferenza e disinteresse.
Mark Samson, il 23enne che ha ucciso la sua ex fidanzata Ilaria Sula, ha provato a giustificarsi dicendo di averla ammazzata perché ‘geloso’. Non deve sorprenderci, non dobbiamo pensare che il suo sia solo un goffo tentativo di difesa: Mark Samson ha ucciso effettivamente Ilaria Sula perché geloso. La sua smania di possesso nei confronti della ragazza era così forte che non appena lei ha deciso di troncare la relazione, lui ha deciso di annientarla. Tolto il potere di esercitare il controllo, gli è rimasta la distruzione. Non è nemmeno un caso che il ragazzo, subito dopo, abbia aggiunto: ‘l'amavo'. Una società che normalizza la gelosia nelle relazioni, non può che fornire un'idea distorta e malata di amore.
Non possiamo pensare di cancellare con un tratto di penna modi di sentire e provare emozioni sedimentati nel tempo. Allo stesso tempo, non possiamo di certo rassegnarci agli effetti drammatici della crisi evidente dei ruoli e dei modelli tradizionali. Non è facile, e non è qualcosa che possiamo affrontare nelle nostre rispettive solitudini. L'alternativa augurabile, messa in moto dalla nuova ondata transfemminista, risiede in un percorso collettivo di educazione sentimentale e affettiva che non abbia paura di mettere in discussione le relazioni in modo profondo, individuando le cause e provando a sradicarle. Non per odio verso ‘i maschi', ma perché non ci siano altre Ilaria e altre Sara. Mai più.
