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Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi

Emanuela Orlandi, perché la pista di Londra può essere una ‘polpetta avvelenata’

Le novità sulla pista inglese: davvero Emanuela Orlandi è stata portata a Londra dopo il suo rapimento? Lettere, documenti e nuove informazioni sul caso della ragazza scomparsa nel 1983.
A cura di Enrico Tata
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Pietro Orlandi ha detto più volte di aver motivo di credere che Emanuela Orlandi sia "passata per Londra". È la cosiddetta ‘pista inglese', una delle molte tracce di indagine sulla scomparsa della ragazza avvenuta 22 giugno 1983. Il rischio, però, è che si tratti dell'ennesima ‘polpetta avvelenata', l'ennesimo tentativo di depistaggio su caso ancora aperto dopo quaranta anni.

Pietro Orlandi è convinto che Emanuela sia passata per Londra

Spiega Pietro Orlandi: "Sono entrato in possesso di documenti in cui ci sono riscontri che mi dicono che quanto c’è scritto in quei fogli (i famosi 5 fogli .ndr) è vero. Alcune persone, in contatto con personalità della Chiesa Anglicana, mi hanno detto delle cose in relazione alla presenza di Emanuela a Londra. Ci sono delle relazioni tra personaggi di alto livello del Vaticano e le istituzioni inglesi", ha detto più volte il fratello di Emanuela. E ancora, durante la puntata di Chi l'ha visto? di mercoledì 10 maggio ha dichiarato: "Ci sono delle cose che certamente devono essere approfondite, ma che mi fanno protendere, con alta percentuale, a credere che Emanuela sia stata portata a Londra".

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Le prove a sostegno della cosiddetta ‘pista inglese'

Quali sono le prove principali della presenza di Emanuela Orlandi nella capitale inglese? Sono due: la prima consiste in cinque fogli, datati 1998, in cui vengono elencate le spese di vitto e alloggio di Emanuela Orlandi a Clapham Road, una strada di Londra dove si trova un ostello cattolico per giovani studentesse. "Resoconto sommario delle spese sostenute dallo stato città del vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi (Roma 14 gennaio 1968)", era il titolo del documento. Emiliano Fittipaldi, giornalista e direttore di Domani che ha scoperto questo documento, sostiene di avere la certezza che i ‘5 fogli' si trovassero all'interno di una cassaforte in Vaticano. Veri o falsi che siano, quindi, erano conservato in un luogo importante e protetto.

La seconda prova, rivelata di recente, è una presunta lettera datata 1993, firmata dall' ex arcivescovo di Canterbury, George Carey, e inviata al cardinale Poletti. Si fa riferimento alla vicenda di Emanuela Orlandi e viene menzionata Clapham Road, la stessa strada a Sud Ovest di Londra a cui già si faceva riferimento nei ‘5 fogli'. Nel documento, in realtà, si fa riferimento a Chapman Road 176, ma a Londra non c'è alcuna Chapman Road con quel numero civico.

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Perché i documenti su Londra potrebbero essere ‘polpette avvelenate'

Fittipaldi ha provato a verificare l'attendibilità della lettera. Intanto la carta non è intestata e non è timbrata, ma i riferimenti temporali sono corretti. Non è chiaro il motivo, tuttavia, per cui il capo della chiesa anglicana dovrebbe essere a conoscenza di una vicenda all'interno della chiesa cattolica.

Il figlio di Carey, contattato dal Domani, ha inoltre aggiunto: "La lettera inoltre non è autentica: è scritta su carta che non reca un’intestazione corretta, contiene errori di sintassi e di grammatica e sarebbe stata ritenuta non conforme ai criteri qualitativi per la corrispondenza di Lambeth Palace" , la residenza ufficiale, a Londra, dell'Arcivescovo di Canterbury. La firma, invece, sarebbe quella corretta (ma potrebbe essere stata apposta successivamente e potrebbe essere stata presa da cartoline o francobolli.

Una risposta sul documento è arrivata anche alla redazione di Chi l'ha visto?, sempre a firma del figlio dell'ex arcivescovo, ora lord: "Le rispondo a nome di mio padre. Mio padre non sa nulla degli eventi a cui si riferisce. Possiamo confermare che non è una lettera che avrebbe scritto lui. È in un pessimo inglese, con una sintassi torturata, e non su carta intestata di Lambeth Palace".

Perché tanti depistaggi sul caso Emanuela Orlandi?

Se la lettera fosse falsa, però, si aprirebbe un interrogativo: perché esiste un falso? Perché qualcuno si è preso la briga di produrre una lettera falsa che, tra l'altro, serve soltanto a produrre un altro depistaggio su un documento (i 5 fogli) che potrebbe essere a sua volta falso? Qual è il senso di questa ‘polpetta avvelenata', ammesso che non sia vera? Qual è il senso di questa presunta contraffazione?

Un'altra domanda: come è arrivata questa lettera a Pietro Orlandi? Il mittente è anonimo oppure può avvalorare la veridicità del documento? Per il momento queste domande sono senza risposta.

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