Emanuela Orlandi e il ragazzo dell’Avon, Accetti: “Ero io. Ma forse quel giorno c’era anche De Pedis”
All'indomani dell'audizione di Bruno Bosco, il poliziotto testimone dell'incontro fra una ragazzina che corrisponde alla descrizione di Emanuela Orlandi e quello che è stato ribattezzato da tutti come "ragazzo dell'Avon", torna a parlare Marco Accetti. "Il ragazzo dell'Avon sono io – ha ribadito – Non Renatino De Pedis. Ma non escludo che quel giorno, davanti a Palazzo Madama, potesse esserci anche lui".
Accetti è probabilmente il più famoso fra i mitomani che hanno cercato di ottenere notorietà approfittando del caso Orlandi, con un trascorso burrascoso e fumoso che lolega ad altri casi di cronaca spesso irrisolti, fra cui la morte avvenute in circostanze misteriose del dodicenne Josè Garramon trovato senza vita nella pineta di Castel Fusano. Le sue versioni, dai racconti spesso incoerenti e contraddittori fino all'autodenuncia del 2013, con cui ha dichiarato di conoscere i rapitori di Emanuela Orlandi e di aver collaborato con loro nel sequestro della ragazzina.
Accetti: "Sono io il ragazzo dell'identikit, ma c'era anche De Pedis"
Il ragazzo dell'Avon, ribattezzato così per il tascapane con la A che conteneva i cosmetici che aveva con sé, sarebbe Marco Accetti. O, almeno, è quello che vuole far credere lui, che continua a ribadire questa versione dei fatti. "Il ragazzo dell'identikit sono io, non De Pedis", è tornato a precisa a il Corriere della Sera. Che, però, non esclude la presenza del boss della Banda della Magliana quel giorno davanti a Palazzo Madama.
"Potremmo esserci stati tutti e due, sia io che De Pedis, non ci pensi? Ma quello dell'identikit sono io, basta fare un confronto con le mie foto del periodo". E, come riportato dalla testata, effettivamente una certa somiglianza esisterebbe se si osservano la sagoma del viso, la forma degli occhi e la bocca.
Un altro tassello che si aggiunge alle tante versioni fornite fino ad ora da lui e dagli altri testimoni. Un altro tassello che potrebbe aiutare a comprendere l'accaduto o, forse, soltanto a creare più confusione di quanto non sia già stato fatto in passato.
L'identikit del ragazzo dell'Avon e la pista familiare
A parlare dell'incontro fra la ragazzina e il ragazzo dell'Avon sono stati due agenti, un poliziotto e un vigile urbano, che nel pomeriggio 22 giugno si trovavano nei pressi di Palazzo Madama, Bruno Bosco, convocato dalla commissione bicamerale d'inchiesta ieri e Alfredo Sambuco, la cui ultima deposizione, prima della morte, risale al 2002. Sarebbe stato proprio quest'ultimo a fornire l'identikit in cui si identifica Accetti che, però, servì ad aprire invece la pista familiare, con indagini sullo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi.
Seguita ancora da alcuni, fra cui lo scrittore Pino Nicotri e il senatore Maurizio Gasparri, è stata smentita all'epoca dalle indagini e, più di recente, dalla famiglia Orlandi stessa.
La perizia fonica con la voce dell'Americano
Non soltanto, secondo alcune perizie foniche, oltre all'identikit, la voce di Accetti corrisponderebbe per una grande percentuale, a quella dell'Americano, cioè all'uomo con accento anglofono che ha gestito le telefonate con la segreteria di Stato Vaticana, la famiglia Gregori e quella Orlandi. La sua voce corrisponderebbe, secondo altre analisi, anche a quella di uno dei primi telefonisti, in particolare a "Mario" e alla voce dell'uomo che si sente parlare nel lato A dell'audiocassetta dove si sentono i lamenti di una giovane seviziata. Accetti c'entra davvero qualcosa con il caso o è si tratta soltanto di una strana coincidenza?
Il collegamento con l'omicidio di Katty Skerl sei mesi dopo
Marco Accetti riveste, inoltre, un ruolo di fondamentale importanza per i collegamenti fra i casi di scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori con l'omicidio di Katty Skerl, ritrovata in un vigneto di Grottaferrata il 22 gennaio del 1984, esattamente sei mesi dopo la sparizione di Emanuela Orlandi.
I tre casi, già uniti da un plico ricevuto da un'amica di Emanuela e dalla sorella di Mirella, Maria Antonietta Gregori, si riferiva alle tre ragazze con una poesiola: "Non cantino le due belle more per non apparire come la baronessa e come il ventuno di gennaio martirio di Sant’Agnese con biondi capelli nella vigna del Signore", in cui le due belle more sarebbero Emanuela e Mirella, mentre Sant'Agnese, che cade il 21 gennaio, la vigna del Signore e i capelli biondi sarebbero tutti riferimenti alla data e al luogo della morte di Katty Skerl.
Secondo quanto dichiarato da Accetti nel 2013, inoltre, l'omicidio della giovane sarebbe stata una conseguenza della scomparsa di Emanuela Orlandi: "Skerl è stata uccisa per vendetta dalla fazione di laici ed ecclesiastici a noi opposta, per indurci a interrompere le pressioni e i ricatti contro Wojtyla e il presidente dello Ior Marcinkus", aveva spiegato all'epoca.
La pista di Londra, Pietro Orlandi: "Va approfondita"
La famiglia di Emanuela Orlandi, invece, resta convinta della pista di Londra, l'unica che merita davvero di essere approfondita. Secondo questa ipotesi la ragazza sarebbe stata portata nella capitale inglese e fatta soggiornare in un ostello dei padri Scalabriniani.
E, di conseguenza, crede nella separazioni dei due casi di scomparsa: "La storia di Emanuela e quella di Mirella Gregori sono due vicende scollegate", ha dichiarato davanti alla commissione bicamerale Laura Sgrò, la legale che assiste la famiglia Orlandi. Della stessa opinione, l'avvocato di Maria Antonietta Gregori, Nicodemo Gentile: "Quella di Mirella è una verità semplice, quasi a chilometro zero", ha sostenuto.
Nel frattempo, per fare chiarezza sui casi, continua il lavoro della commissione bicamerale d'inchiesta. Mentre molte persone vengono convocate, però, altre non verranno mai ascoltate: molti personaggi, se non protagonisti della vicenda e delle indagini, stanno invecchiando, alcuni sono deceduti. È il caso ad esempio di Simona Maisto che fu titolare delle indagini su Emanuela Orlandi e dell'agente segreto Giulio Gangi che fu fra i primi ad occuparsi della vicenda. Risale a pochi giorni fa, invece, la morte di monsignor Morandini: al padre di Emanuela, Ercole, aveva detto che lascomparsa delle ragazzina avrebbe aperto una falla fra Stato e Chiesa.