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Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi

Emanuela Orlandi a Londra, cosa sappiamo: le lettere col cardinal Poletti, la collanina e i Nar

Cosa sappiamo della pista di Londra, secondo la quale Emanuela Orlandi fu portata in Inghilterra subito dopo la sua scomparsa: dagli elementi che ne attestano il suo passaggio alle cose che non tornano. Fino al presunto coinvolgimento dei Nar.
A cura di Beatrice Tominic
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Emanuela Orlandi che indossa una delle collanine in plastica (come quella gialla e rossa trovata in Inghilterra) e l'ostello dei frati Scalabriniani dove avrebbe alloggiato.
Emanuela Orlandi che indossa una delle collanine in plastica (come quella gialla e rossa trovata in Inghilterra) e l'ostello dei frati Scalabriniani dove avrebbe alloggiato.
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Una lettera e una collanina. Questi i primi segni di un passaggio di Emanuela Orlandi a Londra. Due dettagli che hanno contribuito a far riaprire una pista che, almeno secondo alcuni, era chiusa da tempo. Ma non Pietro Orlandi che ha sempre dimostrato di dare una possibilità all'ipotesi che vedrebbe sua sorella rinchiusa in un edificio ecclesiastico in Gran Bretagna su richiesta, forse, del cardinal Poletti. 

Emanuela sarebbe rimasta circa dieci anni a Londra dopo la scomparsa nel giugno 1983, come fatto sapere da Vittorio Baioni, ex Nar. "Si è presentato come suo carceriere – ha spiegato Pietro Orlandi – Emanuela sarebbe rimasta a Londra almeno fino al 1993″. Ma è davvero così? E poi cosa è successo?

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La denuncia: "Nessuno sta seguendo la pista di Londra"

"Visto che nessuno sembra muoversi in questa direzione, faccio io un nome sulla pista di Londra – ha spiegato lui stesso ospite alla trasmissione di Canale Cinque Verissimo – Vediamo ora se qualcuno vorrà approfondire anche questa pista, che è la più importante", aggiunge. E il nome, coma anticipato, è quello di Vittorio Baioni, ex Nar amico dei fratelli Fioravanti, Cristiano e Valerio, coinvolti nella strage di Bologna, avvenuta tre anni prima della sua scomparsa, nell'agosto del 1980. Nel frattempo tramite l'avvocata Laura Sgrò sono stati inoltrati dei documenti alla Procura di Roma e alla Commissione bicamerale d'inchiesta sui casi di scomparsa di Orlandi e Gregori.

Potrebbe trattarsi di una svolta nell'intero caso. Se la collaborazione della Banda della Magliana era già emersa in passato (e ancora tutta da verificare), quella dei Nar risulta una novità. Ma a che titolo hanno agito nella scomparsa di Emanuela Orlandi?

La scomparsa di Emanuela Orlandi secondo la pista di Londra

La scomparsa di Emanuela Orlandi, secondo quanto raccontato da un dossier segreto, si tratterebbe di un rapimento in piena regola. La quindicenne sarebbe stata rapita il 22 giugno del 1983. La sera del 22 giugno si sarebbe già trovata a Civitavecchia. Sarebbe stata portata in Sardegna, a Santa Teresa di Gallura, la notte stessa della scomparsa dove, a causa di alcune interferenze fra i radiofari italiani e quelli francesi, dotati di tecnologie obsolete, sarebbero potuti sfuggire al tracciamento. E, infine, da lì, trasferita a Londra, dove avrebbe vissuto per 10 anni in un convento della chiesa anglicana.

Il dossier di 5 fogli e il resoconto delle spese

Il passaggio a Londra è contenuto in un dossier segreto che arriva dal Vaticano, ma che la stessa Santa Sede ha detto essere un falso. Nel documento, di cinque fogli, anche una lettere datata marzo del 1998, inviata dal cardinale Lorenzo Antonetti, capo dell'Apsa, cioè l'Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica, ai monsignori Giovanni Battista Re e Jean-Louis Tauran intitolata: "Resoconto sommario delle spese sostenute dallo stato città del vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi (Roma 14 gennaio 1968)".

Si tratterebbe di una nota-spese da 483 milioni di lire versate dalla Santa Sede per il soggiorno britannico di Emanuela, per vitto e alloggio al 176 di Clapham Road a Londra, secondo ingresso di un ostello femminile cattolico dei padri missionari Scalabriniani che offre, tuttora, "sistemazione per ragazze studenti/lavoratrici a medio/lungo termine".

L'ostello degli Scalabriniani a Clapham Road.
L'ostello degli Scalabriniani a Clapham Road.

Il soggiorno a Londra e la fondazione ecclesiastica

Sebbene Baioni abbia fatto riferimento al 1993, non è escluso che Emanuela sia rimasta a Londra fino al 2000: secondo gli elementi emersi nella pista inglese, avrebbe vissuto in una casa di South Kensington, a Londra, dal 1993 al 2000, sotto la gestione dello Ior.

Qualora fosse stata ospite di un edificio gestito da fondazioni ecclesiastiche, rintracciare il nome è complicato in quanto, secondo le leggi inglesi, determinate fondazioni non hanno l'obbligo di comunicare informazioni sui benefattori o gli associati.

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La collanina come traccia del passaggio a Londra

Come ricordato in apertura, fra i dettagli che avvalorano la presenza o, almeno, un passaggio di Emanuela Orlandi a Londra, anche il ritrovamento della sua collanina in plastica, tipo chocker, dei colori della Roma. "Era gialla e rossa, deve averla fatta lei o mia madre per festeggiare lo scudetto della Roma del 1983", ha ricordato Pietro Orlandi. La stessa collanina compare nelle mani di un uomo, insieme ad una foto di Emanuela che la indossa. Entrambi gli oggetti sono stati riconsegnati a Pietro dall'uomo che dichiara di aver avuto contatti con Emanuela mentre era a Londra.

Un dettaglio che sembra aver convinto Pietro Orlandi: "Nessuno si è affrettato a dire che si tratta di un'altra balla, come mai? Vuol dire che potrebbe essere vero. E allora nessuno ne parla", si è sfogato Orlandi.

La lettera fra l'arcivescovo e cardinal Poletti

Ad avvalorare l'ipotesi di un passaggio a Londra di Emanuela anche una lettera fra l'arcivescovo di Canterbury George Carey indirizzata al cardinale Ugo Poletti. La missiva, come sottolineato da Pietro Orlandi, gli sarebbe stata consegnata da un "informatore anonimo ex Nar", probabilmente proprio Vittorio Baioni.

La data riporta l'anno 1993, quando Poletti era Arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore. Appena quattro  righe e mezzo di scritti che potrebbero rivelare dettagli importanti sul caso. Per questo il fratello di Emanuela Orlandi l'ha consegnata, lo scorso anno, al promotore di giustizia vaticana Alessandro Diddi, che sta indagando sul caso per conto dello Stato Vaticano e di Papa Francesco.

Nella missiva, l'arcivescovo si rivolge a una "Cara Eminenza" che sarà a Londra per qualche giorno ed esprime la volontà di discutere personalmente della situazione di Emanuela Orlandi di cui dice di essere a conoscenza. "Dopo anni di corrispondenza, penso sia giusto discuterne", conclude poi, prima di chiedere se sia necessario o meno procurarsi un traduttore.

La pista di Londra: tutti i dubbi

Quanto ricostruito potrebbe trattarsi di una pista valida. "Ci sono rapporti fra personaggi di alto livello del Vaticano e le istituzioni inglesi", ha sempre sottolineato Pietro Orlandi. Ma non mancano dati non verificabili che potrebbero far vacillare l'intera pista. La sintassi elementare e talvolta scorretta della lettera scritta dall'arcivescovo (secondo quanto dichiarato dal figlio, non può essere stato l'arcivescovo a scriverla); la mancanza di una carta intestata e timbri per la lettera; non sarebbe conforme ai criteri qualitativi per la corrispondenza di Lambeth Palace", la residenza ufficiale, a Londra, dell'Arcivescovo di Canterbury.

Valide, invece, tutte le date riportate e la firma dell'arcivescovo che, come ribadito dal figlio, potrebbe essere comunque stata copiata da cartoline e francobolli.

"Emanuela Orlandi era incinta: a Londra ha abortito"

Secondo quanto dichiarato dall'informatore di Pietro Orlandi, che potrebbe essere sempre Baioni, dietro alla scomparsa di Emanuela ci sarebbe la pedofilia: lui, membro dei Nuclei Armati Rivoluzionari, avrebbe preso parte alla vicenda soltanto come braccio operativo. Emanuela Orlandi al momento della scomparsa sarebbe stata incinta e sarebbe stata trasferita a Londra proprio per abortire.

Enrico De Pedis, detto Renatino
Enrico De Pedis, detto Renatino

Lo scorso febbraio, Pietro Orlandi avrebbe mostrato un'altra lettera, stavolta attribuita al cardinal Poletti. Il mittente, nelle righe, fa riferimento alla necessità di trovare una "soluzione immediata" ad un "problema totalmente inaspettato e indesiderato" come, nel caso specifico, potrebbe essere una gravidanza. La chiara richiesta, però, era di lasciare in vita e in salute la "signorina Orlandi, protagonista di vicende di primaria importanza nel panorama diplomatico internazionale".

La pedofilia in Vaticano

La pista di Londra potrebbe essere strettamente connessa alla pedofilia che "nel 1983, in Vaticano, non era reato ma un vizio", come dichiarato dallo stesso Pietro Orlandi più volte. "Mi hanno raccontato che c'erano quei tre quattro cardinali che avevano questo vizio con ragazzini e ragazzine. Io ho parlato con loro, ho mostrato la foto di Emanuela e mi hanno detto di non averla mai vista".

Cardinale Casaroli (nel 1983 segretario di Stato Vaticano) ed Emanuela Orlandi.
Cardinale Casaroli (nel 1983 segretario di Stato Vaticano) ed Emanuela Orlandi.

Un'ipotesi, quella della pedofilia in Vaticano, che trova conferma nelle parole di un socio di De Pedis, in un audio: "Wojtyla… – si sente dire prima di una porzione di audio censurato – …pure insieme se le portava a letto, se le portava, non so dove se le portava, all’interno del Vaticano. Quando è diventata una cosa che ormai era diventata una schifezza, il segretario di Stato (all'epoca il cardinale Agostino Casaroli, ndr) ha deciso di intervenire". E, per farlo, avrebbe chiesto aiuto ai cappellani del carcere e del riformatorio, in contatto con i criminali della Roma degli anni Ottanta: i membri della Banda della Magliana, come fa notare il presunto coinvolgimento di De Pedis e, forse,  anche qualche personaggio dei Nar, come farebbe immaginare quello di Baioni.

Il ruolo del cardinal Poletti

A gestire il passaggio di Emanuela Orlandi in Regno Unito, sarebbe stato proprio il cardinal Poletti. "Spesso parlava con Emanuela a Sant'Apollinare, lei lo conosceva bene. Essendo nati e cresciuti in Vaticano conoscevamo bene anche altri prelati e cardinali", ha ricordato. Il cardinal Poletti ormai è morto da quasi trenta anni. "Prima di morire, però, ha firmato l'autorizzazione di sepoltura di Enrico De Pedis, detto Renatino, leader della Banda della Magliana, nella cripta di Sant'Apollinare, su richiesta di don Pietro Vergari, all'epoca rettore della basilica". Secondo alcuni lo avrebbe fatto come segno di gratitudine per le offerte, secondo altri, però, avrebbe aiutato il cardinale anche in altre circostanze.

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