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Elezioni comunali Roma 2021

Elezioni Roma, Marrazzo (Partito Gay): “Siamo il 15% dei cittadini, avremo un peso al ballottaggio”

A Roma è in corsa per la fascia tricolore. Il fondatore del Partito Gay Fabrizio Marrazzo, con una lunga carriera da attivista alle spalle, vuole portare in Campidoglio la battaglia quotidiana per la difesa dei diritti delle persone Lgbt+. È convinto di raggiungere un buon risultato: “La comunità Lgbt rappresenta il 15% della popolazione italiana. Più voti avremo e più avremo forza nel portare i nostri temi al ballottaggio”.
A cura di Luca Ferrero
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Fabrizio Marrazzo è il candidato sindaco del Partito Gay per i diritti Lgbt+, formazione che si definisce "solidale, ambientalista, liberale". L'ingegnere ed attivista Marrazzo giudica la sua candidatura come "una scelta naturale". Il candidato ha in tasca la tessera dell'ArciGay dal 1994, da quando aveva 16 anni. Ha già fondato il numero verde Gay Help Line 800 713 713, il Gay Center, struttura Lgbt più grande della capitale, e la prima casa famiglia per le vittime di violenza Lgbt in Italia. Vorrebbe portare al Campidoglio le istanze della comunità che vuole rappresentare.

Quando e perché ha scelto di partecipare alla corsa per il Campidoglio? Che valore ha la sua candidatura per il partito Gay LGBT+?

La scelta di partecipare a questa corsa al Campidoglio è stata naturale dopo aver fondato un partito nazionale sui diritti delle persone Lgbt. A tutti i livelli istituzionali le nostre istanze vengono dimenticate e per questo è importante la mia candidatura, così come le candidature nelle altre città: da Napoli a Torino, da Milano a Monterone, il comune più piccolo d’Italia. Il valore che noi vogliamo portare è quello dei diritti al centro. Dopo più di un anno di pandemia, di solitudine e violenze in famiglia, ci vuole una rigenerazione. La vecchia politica ha programmi molto lunghi, delle bibbie, noi invece in tutte le città abbiamo un programma molto chiaro e un’idea brillante: in unico progetto uniamo sostenibilità ecologica, riuso dei rifiuti, innovazione, lavoro e ambiente. Una proposta che si base sulla riconversione degli immobili inutilizzati in periferia. Vogliamo riutilizzare grandi immobili pubblici, e Roma ne ha tanti, per farli diventare dei grandi centri culturali con una buona sostenibilità economica. Come? Pensiamo a laboratori in cui coinvolgere le grandi imprese del design e della moda per ottenere vestiti e accessori a impatto zero, con il riutilizzo dei tessuti. La stessa cosa vale per la plastica, che può dare vita a oggetti di uso quotidiano. Nessun impatto ambientale e centri per dare lavoro a giovani, a donne e persone Lgbt vittime di violenza. Centri piccoli ma in tutte le periferie, per ridare vita e lavoro.

Cosa significa per lei città inclusiva? Qual è la sua idea di Roma?

Nessuno si deve sentire escluso. Va fatto, ad esempio, un lavoro sulle scuole che non sono di competenza comunale ma sappiamo benissimo che il comune può influire. Si possono organizzare attività formative contro il bullismo e l’omofobia in particolare, ma anche contro la violenza di genere, per fare in modo che i romani crescano come cittadini informati, istruiti e civili. E poi campagne di sensibilizzazione e un continuo monitoraggio, con uffici e organi preposti all’interno del comune per monitorare i casi di discriminazione.

A proposito, il candidato Gualtieri ha da poco annunciato che nelle eventuali vesti di sindaco aprirebbe un ufficio speciale per le relazioni con la comunità Lgbtq+. Come giudica questa proposta?

L’ufficio speciale mi sembra un po’ come il trattamento speciale che facevano in altre epoche, che non serve. Serve un trattamento integrato non un ufficio speciale. Non serve un paragrafetto nel programma per le persone Lgbt. I temi Lgbt devono essere inseriti ovunque: società partecipate, risorse organizzative, formazione dei dipendenti, polizia urbana, accesso al mondo del lavoro. Devono essere in tutta la struttura comunale. Serve una linea dritta e dedicata che faccia sì che i nostri temi siano trattati in tutte le sedi opportune. L’ufficio serve per mettere un’etichetta: l’ha già fatto Marino con risultati zero.

Recentemente lei ha promosso un flash mob davanti alla sede occupata di CasaPound. Perché?

CasaPound è uno dei tanti esempi di immobili che rimangono occupati da anni. È un’organizzazione non democratica che non merita di restare lì. In qualunque veste saremo in Campidoglio, sarà uno degli atti che solleciteremo in tutti i modi: devono essere mandati via. Tutti i cittadini devono avere gli stessi diritti. Oggi abbiamo molti immobili occupati da persone che rimangono a vita in quelle strutture: gli immobili, invece, devono andare a quelle persone che non hanno casa e hanno problemi di reddito. Le verifiche vanno fatte. Questa logica va scardinata e solo così il comune, con tutti gli immobili che ha, potrebbe dare una risposta abitativa migliore.

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