Due tramezzini e una spremuta a 52 euro: lo scontrino della discordia in un bar di piazza del Popolo
"Se non è un furto questo! Povera Roma! Che brutto biglietto da visita…". La signora Paola ha inviato al nostro giornale la fotografia di uno scontrino con il conto di una consumazione al Bar Rosati, una delle due caffetterie storiche che si affacciano su piazza del Popolo a Roma. Cinquantadue euro e trentasei centesimi per due tramezzini prosciutto e formaggio, 10 euro l'uno, due spremute, 12 euro l'una, più il servizio al tavolo, 8,36 euro. La data riportata sullo scontrino del bar è quella del 12 novembre 2024.
Questa la testimonianza della signora inviata a Fanpage.it:
"Martedì ero con mio figlio a piazza del Popolo, lui aveva appetito (ha 9 anni)… Tornavamo da una visita per lui in ospedale… Così ho pensato: ‘Ci fermiamo da Rosati e mangiamo un tramezzino e una spremuta'. Mio figlio era entusiasta. Io conoscevo Rosati per esserci stata più di una volta con mio marito, sempre al tavolo. Perciò ci sediamo nella sala interna e ordiniamo due tramezzini e due spremute. Senza tovaglietta né altro, ci vengono serviti i toast su un solo piattino e due tovagliolini di carta. Per la modica cifra di 52,37 euro. Se non è furto questo… Con 8 euro solo per il servizio…. Quale!?".
Probabilmente il prezzo dei tramezzini e delle spremute era riportato sul menu e Rosati, occorre sottolineare, affaccia direttamente su piazza del Popolo ed è una storica caffetteria che accoglie romani e turisti dal 1922. Il conto, quindi, non può che essere salato. Ma nonostante queste premesse, lo scontrino ricevuto dalla signora per due tramezzini e due spremute appare davvero eccessivo.
Del resto anche la Cgil e la Uil hanno denunciato un sensibile aumento dei prezzi in vista del Giubileo e per questo hanno chiesto un incontro al sindaco Gualtieri. "Nelle zone turistiche un caffè o una bottiglietta d'acqua sono arrivati a costare 4 euro, il 300% in più rispetto al prezzo medio. Una speculazione inaccettabile che colpirà non solo i visitatori ma anche chi vive, lavora o studia nella Capitale spingendoli sia a ridurre i propri consumi, che a vedere il proprio potere d'acquisto ridotto", spiegano i sindacati.