Donna, femminista e di sinistra. Bonafoni: “Ecco come possiamo battere la destra di Meloni nel Lazio”
Dopo mesi in giro per le provincie del Lazio e per i quartieri dell'hinterland di Roma, Marta Bonafoni ha concluso il suo "Tour dei desideri". Una campagna di ascolto dei territori con l'obiettivo esplicito di rappresentare alle prossime elezioni le passioni civiche e di sinistra, misurandosi con le elezioni primarie se sarà possibile. Consigliera e capogruppo della Lista Civica Zingaretti, Bonafoni ci ha raccontato le impressioni che ha raccolto "dal basso" in queste settimane e la road map che porterà lei e la coalizione di centrosinistra all'appuntamento elettorale con due incognite: la coalizione e la tenuta del campo largo, e le elezioni primarie per scegliere il candidato o la candidata.
Ha appena terminato il "Tour dei desideri", una viaggio di ascolto per i territori del Lazio dove ha incontrato realtà di base, associazioni, cooperative, amministratori locali, realtà virtuose. Cosa le hanno raccontato questi incontri?
Mi hanno raccontato che c'è una gran voglia di partecipazione, di radicalità. Nella nostra regione c'è la consapevolezza che non dobbiamo tornare indietro, dopo la vittoria della peggior destra il 25 settembre non c'è voglia di perdere ancora, di replicare una volta di più la sconfitta del campo largo. Ho incontrato la voglia di andare fino in fondo con politiche di cambiamento radicale di cui la nostra regione ha bisogno.
Chi ha incontrato lungo questo suo percorso? Chi sono i suoi compagni di squadra?
Porto con me soprattutto quell'effervescenza sociale di cui il nostro territorio è strapieno. Non solo nel ma in tutto il Paese sono in tanti che non si riconoscono più in un partito, non hanno più la tessera, e però fanno politica e mettono in piedi pratiche politiche nei territori. Ci sono moltissime donne, tanti ragazzi e tante ragazze. E poi c'è questa eccedenza che è visibile ogni volta che organizziamo qualcosa: quelli che non ti aspetti, non i soliti noti ma i volti che non conosci. Se hai organizzato per 20 persone ne arrivano 40, se per 50 ne incontri 100, un mondo che è pronto a dare il proprio contributo per scrivere una nuova pagina, ma va interpellato.
Quale bilancio dopo 10 anni di era Zingaretti? Un ciclo politico che hai vissuto per intero dentro il consiglio regionale…
È stata un'esperienza importante, per me personalmente ma soprattutto perché è per molte cose un modello valido. Abbiamo misurato, già dal 2013 con l'impronta che Zingaretti ha voluto dare al proprio governo, come la società civile con dei valori saldi, schierata, partigiana possa riuscire a entrare insieme ai partiti nel governo di una cosa così complessa come la seconda regione d'Italia. E poi la nostro esperienza di governo è la dimostrazione che il campo largo, se parte dalle questioni da mettere in pratica, funziona, non ha difficoltà ad andare avanti. Noi con il Movimento 5 Stelle da ormai quasi due anni abbiamo condiviso la giunta, le principali programmazioni che sono uscite dal governo regionale e la cosa sta funzionando, e funziona anche con il Terzo Polo all'interno della maggioranza.
C'è qualcosa che non siete riusciti a fare a cui tiene particolarmente? Cosa desidererebbe lei per la prossima legislatura?
Per il futuro credo che sarà necessario percorrere l'ultimo miglio, mettere in pratica politiche sui diritti civili, contro il precariato e per una riconversione ecologica integrale che possano rappresentare un'alternativa alla destra al governo del paese. Il tempo è maturo, ce lo chiede la società di andare fino in fondo, ce lo dicono i movimenti giovanili e non solo che è tempo di essere più radicali e insieme concreti. Un esempio? Sul terreno della lotta alle disuguaglianze, perché non riprendere in mano la legge regionale sul reddito? Giorgia Meloni ci ha detto che ha intenzione di cancellare il reddito di cittadinanza, noi invece dobbiamo rilanciare l'iniziativa sul welfare.
Non è un segreto per nessuno. Se ci saranno le primarie lei sarà in campo. Perché servono oggi?
Una premessa: la priorità ora è la coalizione, che è il nostro primo obiettivo. E poi sì, una volta confermate le alleanze, dobbiamo discutere di come si arriva alla definizione del candidato o della candidata. Perché? Intanto perché il 25 settembre nel Lazio si è astenuto il 36% degli aventi diritto. E lì dentro c'è gente che invece è pronta a partecipare, se c'è un luogo che valorizza la sua opinione e il suo protagonismo. Poi, per coerenza, perché una manciata di mesi fa abbiamo applaudito tutti, nessuno escluso, Damiano Tommasi, che ha vinto a Verona. Una grande bella sorpresa che non è piovuta però dal cielo, ma è stata possibile, è stata costruita aprendo porte e finestre anche dei partiti, facendo entrare un'aria fresca fatta di giovani attivisti, ma anche di realtà sociali, di mondi trasversali, dal cattolicesimo di base a quello più radicale dei movimenti studenteschi.Io credo che noi dobbiamo fare queste, poiché oggettivamente oggi contenitori che ci sono non bastano. Possiamo vincere tutti insieme, e quando dico tutti non parlo solo dei partiti ma anche della società civile.
Abbiamo ascoltato qualche giorno fa il discorso di di Giorgia Meloni. Che sfida rappresenta l'opposizione al governo della destra?
Io ho ascoltato il discorso di una leader dell'opposizione e non di una presidente del Consiglio appena eletta che stava ottenendo la fiducia del Parlamento. È ora di smettere con la rabbia e le urla, di cominciare a dare risposte. Ae in un'ora e più di discorso non pronunci mai la parola precariato, non parli di disuguaglianze, e sul clima te la cavi con un conservatorismo generico, vuol dire che non hai capito in che punto della storia del mondo e del nostro paese ti trovi. Io credo che le sfide che aprirà questo governo a noi, agli enti intermedi e all'attivismo di base saranno diverse. Però un assaggio ce l'abbiamo avuto durante la seduta della fiducia, quando alla Sapienza è andata in onda una carica contro gli studenti e le studentesse di una violenza davvero ingiustificata. Ci sarà bisogno di una grande resistenza e credo ci sarà bisogno di un di più del discorso femminista, perché è troppo facile cominciare a ragionare intorno alla prima premier donna della storia italiana. Il femminismo è un'altra cosa. Giorgia Meloni è arrivata lì perché le femministe le hanno aperto la strada, ma ci è arrivata da sola e non per tutte ci è arrivata da sola e con troppi uomini intorno. Questo mi pare uno dei punti da cui ripartire. Dobbiamo trovare le parole per dirlo, per spiegarlo e per rovesciare quanto è accaduto.