Dodici ultrà della Lazio a processo per gli adesivi di Anna Frank romanista all’Olimpico
Il 22 ottobre 2017 si è giocata Lazio-Cagliari allo stadio Olimpico di Roma. I tifosi laziali erano nel settore dei romanisti, la curva Sud per la chiusura della "Nord" a causa di cori razzisti nelle precedenti gare di campionato. In quella partita sono apparsi gli adesivi con il volto di una delle vittime simbolo della strage nazista, Anna Frank con la maglia della Roma. E una raccolta di frasi e immagini della vergogna: da "Romanista ebreo" a "romanista Aronne Piperno", in riferimento al personaggio del film "il Marchese del Grillo". Tutte raccolte in una sola firma, quella degli Irriducibili.
Ora, a distanza di quasi sette anni dalla partita, il gup Elvira Tamburelli ha rinviato a giudizio dodici tifosi della Lazio con l'accusa di istigazione all'odio razziale, nella giornata di ieri, lunedì 17 giugno. La Digos aveva iscritto al registro degli indagati e denunciato gli ultras laziali nel 26 ottobre 2017.
Le tesi fornite dagli ultras a piazzale Clodio
"Pensavo fosse Mariangela, la figlia di Fantozzi. Non si sapevo si trattasse di Anna Frank". Questa è stata la tesi fornita da uno degli ultras al pubblico ministero di piazzale Clodio a Roma subito dopo i fatti del 22 ottobre 2017. Oppure: "Anna Frank con la maglietta della Roma non ha nulla di xenofobo. Solo una presa in giro tra tifosi". Queste erano state per loro le argomentazioni difensive nei confronti del pm Erminio Amelio. Tesi sembrate da subito eccessive.
La posizione di Claudio Lotito: "Lazio Antirazzista"
"La grande maggioranza dei tifosi laziali non ha nulla a che vedere con l'episodio degli adesivi antisemiti attaccati in curva Sud durante Lazio-Cagliari domenica 22 ottobre", così il presidente della Lazio, Claudio Lotito, durante una visita alla Sinagoga di Romana organizzata due giorni dopo il match dell'Olimpico, per dimostrare vicinanza nei confronti della comunità ebraica
Gli Irriducibili della Lazio: "Stessi adesivi anche nella nostra curva"
In un comunicato gli ultrà si sono rifiutati di dissociarsi dal gesto dichiarando però che la distribuzione degli adesivi non fosse stata organizzata dal gruppo. "Non ci dissociamo da ciò che abbiamo fatto. Ci meravigliamo che queste, che vengono considerate offese, insulti o chissà che altro, quando però arrivano nei nostri confronti non scandalizzino nessuno. Gli stessi adesivi ce li ritroviamo anche nella nostra curva, ma non stiamo di certo a piagnucolare perché nessuno s'indigna per questo. Noi siamo della Lazio e non si piange! Tutto deve rimanere nell'ambito del nulla".
E poi continuava: "Si tratta di scherno e sfottò da parte di qualche ragazzo forse, perché in questo ambito dovrebbe essere collocata questa cosa, anche in virtù del fatto che, come da sentenza di tribunale (qui la decisione dello scorso 2 febbraio 2017 e specificata anche nel prossimo paragrafo), non è reato apostrofare un tifoso accusandolo di appartenere ad altra religione. Ma evidentemente nemmeno la Figc se ne ricorda, se è vero che hanno aperto un'inchiesta", così scrivevano gli Irriducibili in un comunicato pubblicato il 24 ottobre del 2017, due giorni dopo la partita di campionato con il Cagliari.
Dire "Giallorosso ebreo" non è reato
Il 3 febbraio 2017 due tifosi della Lazio sono stati prosciolti dopo aver intonato il coro "giallorosso ebreo" durante Lazio-Catania disputata il 30 marzo 2013. Per il giudice le due parole incriminate avevano solo la finalità di deridere la squadra avversaria, non è stato considerato quindi razzismo. Dopo la sentenza la presidente della Comunità ebraica romana, Ruth Dereghello aveva definito il precedente come "allarmante" e aveva deciso di scrivere una lettera al ministro della Giustizia Andrea Orlando e al vicepresidente del Csm Giovanni Legnini.
Lo slogan è anche comparso su un muro del quartiere Prati qualche settimana dopo: "romanista ebreo, ecco la tua stella", così indicava la scritta antisemita in via della Giuliana all'angolo con via Bettolo. Chiaro anche il riferimento alla stella di David.