video suggerito
video suggerito

Detenuto suicida nel carcere di Frosinone, il Garante: “Emergenza nazionale, Governo deve intervenire”

Ancora un suicidio in carcere, questa volta a Frosinone. Il Garante dei detenuti, Stefano Anastasia, spiega perché il Governo deve fare i conti con la situazione nei penitenziari, che sta per esplodere.
A cura di Natascia Grbic
48 CONDIVISIONI
Immagine

"C'è un'emergenza nazionale che non può essere ignorata. Il ritmo di quest'anno è uguale a quello del 2024, se non ancora più sostenuto. I numeri non sono bassi: da gennaio abbiamo avuto già tredici suicidi, rischiamo che a dicembre ci sia un'ecatombe. E i politici continuano a fare dichiarazioni generiche e superficiali". A parlare è Stefano Anastasia, il Garante dei detenuti del Lazio. Il tema è, purtroppo, uno dei più drammatici: quello dei detenuti che scelgono di togliersi la vita. Un problema che riguarda anche gli operatori penitenziari, non immuni a ciò che accade in carcere. A oggi sono due le persone recluse che nel Lazio si sono uccise: l'ultima è Andrea, un uomo di 51 anni che si è ucciso nel carcere di Frosinone. Gli mancava un anno da scontare, e poi sarebbe stato libero. La solitudine, il fatto di non aver fatto colloqui almeno negli ultimi mesi, probabilmente hanno pesato sulla sua decisione.

"Era una persona molto sola, le relazioni con i membri della sua famiglia erano logorate e almeno nell'ultimo anno non aveva fatto nessun colloquio. Non sappiamo se invece questo sia avvenuto nei cinque anni di reclusione a Regina Coeli", aggiunge il Garante. E anche questo è uno dei problemi del sovraffollamento, che non risparmia il penitenziario di Frosinone: gli operatori, che lavorano con un rapporto di uno a tre, non riescono a monitorare al 100% tutti i detenuti, e per forza di cose alcuni elementi sfuggono alla loro attenzione. "Non sappiamo perché si sia ucciso, ma sicuramente il fatto che non facesse colloqui avrebbe dovuto destare un campanello di allarme. Ma gli operatori sono pochi, e può capitare di non far caso a certe situazioni".

Andrea ha aspettato che i compagni di cella non fossero presenti per togliersi la vita. Nonostante fosse una persona solitaria andava d'accordo con tutti, e almeno fino a quel momento non sembra avesse avuto comportamenti che facessero presagire un epilogo di questo tipo. "Gli uomini in stanza con lui hanno detto che la sera precedente al suicidio avevano visto insieme la televisione, e che Andrea era rimasto sveglio più del solito, di solito andava a dormire presto. Ma non ci avevano fatto caso". Il 51enne era seguito dal Servizio per le dipendenze e da anni continuava la sua terapia a base di metadone. A gennaio era stata discussa l'ipotesi di trasferirlo in una comunità, cosa che si sarebbe dovuta realizzare al termine dei vari accertamenti amministrativi di routine.

"La presidente Meloni in conferenza stampa ha dichiarato che i posti saranno aumentati di 7mila unità in tre anni. Ce ne mancano 15mila ora. Intanto che facciamo? Credo che il Governo dovrà prendere atto della situazione, non solo per la salvezza dei detenuti, ma anche di quella degli operatori penitenziari. Prendiamo il caso di Andrea: qui è stato fatto tutto ciò che era possibile, ma il fatto che gli operatori si debbano occupare dei detenuti in un rapporto di uno a tre porta a farti sfuggire delle cose, e non ti rendi conto della mancanza di colloqui. Ci sono anche le necessità del personale da considerare, che è stremato e non ne può più".

48 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views