“Depresso, insonne, dipendente da sostanze”: così Paolo Calissano sarebbe stato portato al suicidio
Avrebbe approfittato del suo stato di fragilità per sottrargli più di 500mila euro, tramite prelievi avvenuti nel corso dell'anno. Questa la tesi sostenuta dal pubblico ministero Frascesco Paolo Cordona, che ha chiuso l'inchiesta nei confronti di Francesco Minna, l'avvocato di Paolo Calissano accusato di aver prosciugato a suo favore il patrimonio dell'attore. Calissano fu trovato morto nella sua abitazione la notte del 29 dicembre 2021. L'attore è deceduto a causa di un mix di farmaci antidepressivi risultato fatale. Quello che è sembrato inizialmente un tragico incidente sarebbe però un suicidio. A sostenerlo è il fratello di Paolo, Roberto Calissano: secondo l'uomo, Paolo si sarebbe ucciso non solo per la difficoltà di uscire dalla depressione, ma anche perché il suo patrimonio è stato continuamente depredato negli anni, riducendolo quasi sul lastrico.
Per il pubblico ministero, Calissano era affetto "da disturbo dell’adattamento con umore depresso, con uno stato depressivo maggiore caratterizzato da insonnia ingravescente, disturbi del senso di percezione, difficoltà di concentrazione, dell’attenzione e della memoria e marcata labilità emotiva, disturbo da abuso di sostanze". Per questo Minna è accusato adesso non solo di peculato, ma anche di circonvenzione di incapace. Secondo il pm, Minna "induceva a compiere atti che portavano effetti giuridici per lui dannosi", soprattutto a favore di società di cui lui era amministratore".
“Mio fratello era depresso e aveva dei debiti – aveva dichiarato il fratello dell'attore, quando Minna è stato arrestato -. Per me è stato un duplice dolore non solo apprendere che era morto per circostanze che mi è facile ritenere fossero relative anche al suo stato patrimoniale ma anche il dispiacere nello scoprire che chi lo aveva in gestione anziché un amico era tutt'altro"