Dentro Fratelli d’Italia si affolla la corsa per il Lazio: ora tocca a Giorgia Meloni decidere
Si affolla la corsa dentro Fratelli d'Italia per la poltrona di governatore della Regione Lazio. Se è chiaro a tutta la coalizione che tocca alla destra destra indicare il nome – se a Forza Italia è andata la Sicilia e la Lega conferma Fontana in Lombardia, il Lazio è naturalmente competenza di Fratelli d'Italia è il ragionamento -, in un primo momento la scelta sembrava orientata verso un nome della società civile "d'area", come si dice in gergo per indicare una figura che non fa politica di professione ma considerata molto vicina. E il nome era quello del presidente della Croce Rossa Francesco Rocca.
Ma negli ultimi giorni prende piede sempre di più l'ipotesi di un candidato pienamente politico per la corsa nel Lazio. Ieri ha fatto un passo avanti Fabio Rampelli."Sono stato pronto a fare il candidato sindaco in passato, sono disponibile a fare il candidato governatore, se c'è bisogno di me. L'impegno politico e sociale che mi muove non ha mai anteposto le ambizioni personali al perseguimento del bene comune", così il vicepresidente della Camera ieri al Messaggero. Oggi è arrivato Nicola Procaccini, l'europarlamentare ha dichiarato in televisione: "Ho fatto il sindaco per tanti anni e so quanto è complesso e bello prendersi carico di una comunità così, direttamente. È chiaro che non mi sottrarrei se me lo chiedesse il presidente Meloni". Alla finestra c'è anche Chiara Colosimo, consigliera regionale uscente appena sbarcata in parlamento, che non dice di no.
La partita è dunque aperta, è tutta interna a Fratelli d'Italia e coinvolge tre generazioni di dirigenti vicinissimi a Giorgia Meloni. C'è il "gabbiano" Fabio Rampelli, dominus della sezione di Colle Oppio, luogo da cui parte la mitopoiesi della narrazione della destra oggi al Governo. È lui che lancia Meloni nell'agone della politica che conta, seguendola poi nella fondazione di Fratelli d'Italia ("il nome è stata una mia idea" ama ripetere).
Nicola Procaccini è invece uno della cosiddetta generazione Atreju, cresciuto con la premier dentro Azione Giovani, la segue poi come portavoce negli anni da ministra e da vicepresidente della Camera. Il suo feudo è Terracina, dove è stato sindaco per poi piazzare una sua fedelissima. E proprio il suo potere nella città pontina lo ha fatto finire nei guai, venendo indagato in un'indagine per corruzione. Colosimo infine è una dirigente di quella che possiamo chiamare generazione Meloni: giovanissima consigliera regionale, molto apprezzata dalla leader a cui è stata spesso al fianco, potrebbe essere una novità di cui il partito ha bisogno per rigenerare i gruppi dirigenti chiamati con grande sforzo a ricoprire ruoli di governo e parlamentari, con il rischio di lasciare scoperti i mitici "territori".
Il centrodestra con il centrosinistra più litigioso e diviso che mai, si sente con la vittoria già quasi in tasca. Ora però sta a Giorgia Meloni e solo a lei decidere chi condurrà la battaglia sul campo.