Delitto via Poma, il caso di Simonetta Cesaroni verso l’archiviazione: nessun ex collega ascoltato
Il 19 novembre si deciderà sull'archiviazione del caso di via Poma. L'omicidio di Simonetta Cesaroni, un cold case che dura da ventiquattro anni e le cui indagini furono molto lacunose, molto probabilmente non vedrà mai l'individuazione di un colpevole. Nelle ultime settimane, ‘Giallo' ha pubblicato i vecchi fogli presenze che quel giorno andarono persi, e che per anni non furono trovati. Da quei fogli emerge il nome di persone, colleghi di Simonetta, che forse avrebbero potuto dare una svolta alle indagini. Nessuno di loro però fu ascoltato. C'è chi è morto, e quindi non può essere sentito, e chi è ancora vivo, ma non è stato chiamato da nessuno per essere ascoltato.
Quando Simonetta Cesaroni fu uccisa, ci fu una costante: le persone che lavoravano con lei, chi in quell'ufficio la incontrava e la conosceva, ma anche i suoi superiori, finsero di non conoscerla. Quella ragazza di vent'anni, che pure lavorava per la Reli Sas, il giorno della sua morte sembrava essere diventata un fantasma. Questo perché nessuno, pure a costo di non far uscire la verità, volle essere tirato in mezzo a quel delitto, anche solo come persona informata dei fatti. Questo dettaglio, e le indagini lacunose, portarono a far sì che il colpevole di quell'omicidio non fu mai individuato.
Simonetta Cesaroni fu uccisa il 7 agosto 1990. Quel pomeriggio era andata a lavorare negli uffici di via Carlo Poma 2. Quando i familiari non l'hanno vista rientrare hanno lanciato l'allarme, chiamando anche il suo datore di lavoro, Salvatore Volponi. Sarà la sorella di Simonetta, insieme al suo fidanzato, a recarsi negli uffici di via Poma: quando il portiere dello stabile, Pietrino Vanacore, aprì la porta, trovò Simonetta riversa in terra, ormai priva di vita.