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Dalla Moldavia all’Italia per essere sfruttati: l’inchiesta partita da una molestia sessuale

Cinque persone sono state raggiunte da una misura cautelare: sono ritenute al centro di una rete che favoriva l’immigrazione clandestina dalla Moldavia e lo sfruttamento di mano d’opera in Italia. La base operativa in un Caf dell’Eur.
A cura di Redazione Roma
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Cinque persone sono state raggiunte da un'ordinanza di custodia cautelare con l'accusa di aver costituito un'associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, all'intermediazione per lo sfruttamento di manodopera, reati riguardanti in particolare modo cittadini moldavi fatti entrare illegalmente in Italia e in molti casi inseriti nei circuiti dello sfruttamento nel settore agricolo ma anche come colf e badanti.

L'inchiesta è partita nel settembre del 2018, quando un giovane moldava si è presentata al Commissariato Esposizione, denunciando di essere vittima di molestie sessuali da parte dell'uomo nella cui casa lavorava come colf. Gli agenti hanno così scoperto come la donna era arrivata in Italia. La ragazza aveva risposto a un annuncio su internet che offriva lavoro nel nostro paese: al cellulare aveva risposto un connazionale, che aveva organizzato il viaggio in pullman. Arrivata a Roma la donna si è recata in un Caf all'Eur, pagando la cifra del viaggio e il prezzo pattuito per collocarla presso un datore di lavoro, cosa effettivamente accaduta con l'inizio del suo lavoro (in nero e da irregolare) presso un uomo che l'aveva successivamente molestata sessualmente.

Da questa prima denuncia gli investigatori sono partiti ricostruendo una rete che portava cittadini moldavi sul territorio italiano che, muniti di visto turistico, venivano invece collocati come lavoratori per lo più nel settore della cura domestica ma anche nel settore agricolo e industriale, avendo come centro operativo il Caf romano, dove i cittadini moldavi venivano registrati e iscritti a una fittizia associazione umanitaria, e dove a volte permanevano dormendo in attesa di raggiungere i luoghi di lavoro. L'inchiesta, andata avanti per tre anni, ha visto la collaborazione della Squadra Mobile e delle questure di diverse città italiane. L'inchiesta si è diramata in Campania, Sicilia, Lazio, Calabria e Lombardia.

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