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Crisi gas ed elettricità, aziende agricole in ginocchio: “Costi aumentati di migliaia di euro”

Non solo i costi in bolletta: pure i prezzi di concime, mangime e carburante agricolo sono arrivati alle stelle. Questo sta mettendo in ginocchio gli agricoltori, soprattutto quelle piccole realtà che svolgono anche un ruolo di presidio del territorio.
A cura di Natascia Grbic
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I prezzi alle stelle di gas ed elettricità non impattano solo su bar e ristoranti. Le aziende agricole del Lazio, uno dei punti cardine dell'economia regionale, sono in ginocchio. Sono soprattutto le piccole realtà a essere in difficoltà. In tanti hanno dovuto chiudere o stanno pensando di farlo, per evitare di trovarsi sommersi da debiti che difficilmente riusciranno a pagare. Per capire la gravità della situazione basta guardare al prezzo del gasolio agricolo, più che raddoppiato e arrivato praticamente al livello di prezzo del gasolio normale.

Per capire cosa sta accadendo, Fanpage.it è andato in provincia di Rieti, nella Sabina, zona del Lazio dove c'è un'alta concentrazione di aziende agricole e piccoli allevamenti. I prezzi sono aumentati a dismisura, alcune attività hanno già chiuso e altre annaspano. Non solo le bollette, anche i costi dei mangimi e del concime sono triplicati, rendendo di fatto impossibile operare certe scelte.

"La prospettiva non è rosea – spiega Emiliano Marini, ex presidente della Confederazione italiana agricoltori di Rieti e titolare dell'azienda Marini – Questo aumento folle dei prezzi impatta nella nostra quotidianità perché siamo costretti a fare delle scelte che altrimenti non avremmo fatto. Abbiamo dovuto limitare la produzione, fare i conti al centesimo su tutto. Ma la coperta è corta e non riusciamo a fare tutte quelle operazioni colturali e agronomiche che bisognerebbe fare, con una conseguente perdita di produzione".

Solo per quanto riguarda l'aumento del prezzo del gasolio agricolo, Emiliano Marini ha registrato 5mila euro di spese annue in più. Una cifra che, su un'azienda piccola come la sua, incide enormemente.

C'è poi un altro aspetto da tenere in considerazione: queste attività non sono solo aziende, ma presidi che non lasciano i territori all'incuria. "Dove non c'è l'occhio dell'agricoltore c'è un'alta possibilità di incendi, c'è il rischio idrogeologico che aumenta – spiega Marini – A causa dei costi di produzione troppo alti, in Italia il 30% degli oliveti sono abbandonati. La situazione andrà a peggiorare perché in tanti stanno chiudendo, ma non ci si può chiedere di stare sul mercato come i grandi player".

Negli ultimi anni sono tanti i ragazzi che hanno investito nel settore agricolo, trasferendosi in zone rurali e avviando delle attività in territori che altrimenti sarebbero stati lasciati all'abbandono e all'incuria. Territori che poi possono diventare un problema per le comunità: basti pensare alla facilità con cui un incendio può svilupparsi in un terreno abbandonato, dove le sterpaglie non vengono pulite per anni.

"Dobbiamo cambiare il rapporto con il cibo e con la produzione di cibo di qualità – conclude Emiliano – non può essere considerato una commodity. Il prezzo di un silos di grano non può cambiare perché qualcuno in qualche parte del mondo fa delle scommesse finanziarie. Questo fa sì che i costi salgano in maniera pazza, e non è qualcosa che riguarda la produzione, ma meccanismi su cui noi non possiamo incidere".

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