Cosparse il marito di benzina, Valerio Amadio morto carbonizzato a Rieti: processo da rifare
Colpo di scena nel processo per l'omicidio di Valerio Amadio, l'uomo morto ormai cinque anni fa a Rieti dopo che la moglie Braulina Cozzula lo aveva cosparso di benzina. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d'Appello e disposto un nuovo processo a carico della donna, che in secondo grado era stata condannata a 21 anni di reclusione per l'omicidio del marito e assolta dall'accusa di tentato omicidio nei confronti del figlio 15enne. Per capire come mai la Cassazione abbia deciso di annullare la sentenza bisognerà attendere le motivazioni: in ogni caso, Antonino Castorina e Giuseppe Idà, legali della donna, hanno accolto con favore la decisione della Suprema Corte.
"Abbiamo ritenuto approfondire – spiegano Castorina e Idà – la corretta e pertinente ricostruzione dei fatti che hanno poi
portato alla condotta contestata tra cui l’incipit dell’episodio incendiario e le specifiche responsabilità dell’imputata in ordine ad un dolo che non emerge, a nostro avviso, negli atti processuali. L’annullamento della sentenza di condanna con il ritorno in Corte d’Appello è un importante step per fare piena verità su quanto avvenuto realmente a Campomoro".
Era il 25 novembre 2019 quando Braulina Cozzula, a seguito dell'ennesima discussione avuta con il marito, si è allontanata dall'abitazione con il figlio più piccolo, di soli 7 anni. La donna si trovava in forte stato di alterazione dovuto all'abuso di alcol: è andata a un distributore di benzina e ha riempito alcune bottiglie, tornando poi a casa. Qui ha scoperto che il marito, preoccupato del fatto che si fosse allontanata con il figlio, aveva chiamato i carabinieri. Ed è a quel punto che ha preso le bottiglie di benzina, svuotandogliele addosso.
Ciò che accade dopo è probabilmente uno dei punti più controversi dell'intero processo. Quando Cozzula versa la benzina addosso al marito, il figlio maggiore riesce a fuggire di casa. Cosa abbia però scatenato la scintilla che ha portato all'incendio, non è chiaro. Per la difesa non è escluso che la donna volesse solo spaventare il marito e che il rogo sia stato scatenato da cause indipendenti dalla sua volontà. Motivazioni che l'accusa invece respinge al mittente, contestando invece la volontarietà dell'azione della donna. Una delle ipotesi è che la Cassazione voglia chiarire questo aspetto prima di confermare una sentenza di condanna o assolvere la donna, che al momento si trova reclusa nel carcere di Rebibbia.