Cosa sappiamo del presunto coinvolgimento di Mario Meneguzzi nella scomparsa di Emanuela Orlandi
Il Promotore di Giustizia Vaticano, Alessandro Diddi, e il procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi stanno analizzando a fondo la pista familiare legata alla scomparsa di Emanuela Orlandi. È questo il nodo centrale del servizio andato in onda il 10 luglio in apertura dell'edizione serale del TgLa7. Secondo quanto rivelato dai giornalisti del telegiornale diretto da Enrico Mentana, il nuovo filone di indagine parte dalla scoperta di due lettere datate settembre 1983, cioè tre mesi dopo la scomparsa della ragazza, in cui si fa il nome di Mario Meneguzzi, lo zio di Emanuela.
Le lettere sulle molestie di Meneguzzi alla sorella di Emanuela
La prima lettera è un messaggio scritto dall'allora segretario di Stato del Vaticano, Agostino Casaroli, a un sacerdote sudamericano inviato in Colombia. Il religioso è stato consigliere spirituale e confessore della famiglia Orlandi. Casaroli chiede se in passato Natalina Orlandi, la sorella più grande di Emanuela, gli abbia rivelato di essere stata molestata sessualmente da loro zio, Mario Meneguzzi, oggi scomparso. Si tratta del marito di Lucia Orlandi, sorella del papà di Emanuela, Ercole. La replica del padre colombiano: "Sì, è vero, Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima".
Si tratta di "fatti privati, delicatissimi, resi pubblici senza diritto di replica", ha dichiarato l'avvocata della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, nel corso della conferenza stampa convocata per rispondere al servizio del TgLa7. Natalina ha confermato di essere stata molestata dallo zio: "I fatti risalgono al 1978. Mio zio fece avances verbali, un piccolo regalo, ma quando ha capito che non c'era possibilità, è finita lì. Io sono rimasta scossa, e ho parlato al mio fidanzato, mio attuale marito. L'ho detto al nostro padre spirituale. Nel 1983, dopo la scomparsa di Emanuela, sono stata interrogata dal giudice Sica proprio su questi fatti".
La somiglianza tra lo zio di Emanuela e gli identikit del rapitore
Secondo il TgLa7, i titolari delle indagini sono rimasti colpiti dal confronto del volto di Mario Meneguzzi e gli identikit tracciati dal vigile e dal poliziotto che riferirono di aver visto, la sera della scomparsa, un uomo parlare con Emanuela mentre lei era appena uscita dalla scuola di musica che frequentava vicino a Palazzo Madama.
Da dove provengono quegli identikit? Uno è stato realizzato dal vigile urbano Alfredo Sambuco, che era in servizio davanti al Senato e ha affermato di aver visto Emanuela in compagnia di un uomo a bordo di una Bmw. All'apparenza l'uomo dimostrava circa 35 anni (e all'epoca Meneguzzi di anni ne aveva 35). Ha fatto notare Federica Sciarelli, conduttrice del programma Rai Chi l'ha visto?, che Meneguzzi appariva spesso nei telegiornali, era il portavoce della famiglia e quindi Sambuco di certo lo ha visto, ma non lo ha mai identificato come l'uomo visto insieme ad Emanuela.
La scelta dell'avvocato Egidio: fu lo zio a nominarlo?
C'è un ultimo dettaglio che emerge dal servizio realizzato da Flavia Filippi, la giornalista del telegiornale di Mentana che si è occupata di divulgare la notizia: riguarda l'avvocato Gennaro Egidio, che ha rappresentato la famiglia Orlandi nei mesi successivi alla scomparsa. "Come mai fu lui a consigliare Ercole Orlandi di scegliere Egidio e di non preoccuparsi della parcella, che tanto ci avrebbe pensato il Sisde?", si chiede Filippi. A sostegno di questo dettaglio, viene citato un articolo del Corriere della Sera del 28 luglio 1983 a firma Andrea Purgatori, che riporta le parole dello stesso Meneguzzi: "Lo ritengo più adatto a questo genere di cose del mio legale abituale, l'avvocato Adolfo Gatti".
Secondo Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, le cose non sono andate così:
L’ufficiale del SISDE Gianfranco Gramendola, che dai primi giorni frequentò casa nostra per le indagini, un giorno venne e disse: ‘Abbiamo trovato la persona giusta che vi aiuterà, l’ha portata proprio la mano di Dio, si chiama Egidio'. In principio mio padre e mio zio erano dubbiosi, non conoscevano questo avvocato e soprattutto mio zio avrebbe preferito il suo avvocato, tra l’altro all’epoca un avvocato importante, l’avvocato Gatti. Ma alla fine si convinsero anche perché questo Egidio, essendo vicino alle forze dell’ordine, poteva aiutare di più.
Dov'era Mario Meneguzzi il giorno della scomparsa
Mario Meneguzzi poteva essere coinvolto nella scomparsa della ragazza? Dov'era il 22 giugno 1983? Secondo Pietro Orlandi si trovava a Torano, dove la sua famiglia aveva una casa di villeggiatura. La sera della scomparsa è stato contattato telefonicamente da Ercole Orlandi, che gli ha chiesto subito aiuto e, quindi, questo proverebbe la presenza dello zio nel paese del Reatino. Fa notare la giornalista Filippi, però, che Ercole non chiamò Meneguzzi subito dopo la scomparsa, ma alcune ore dopo, verso mezzanotte. E lo zio non era lontano da Roma, perché Torano dista 90 chilometri dal Vaticano, circa 1,20 ora di macchina, se c'è traffico.