Coronavirus, l’89% dei focolai nel Lazio sono domestici: solo il 2% nelle scuole
A partire dalla seconda metà di agosto nel Lazio sono aumentati i casi di casi di coronavirus. Rispetto alla prima ondata della pandemia, dove il famigerato ‘picco' non si è mai verificato, nella regione si è avuto un progressivo aumento dei contagi fino alla prima metà di settembre, e successivamente una rapida ascesa della curva epidemiologica. Secondo alcuni dati diffusi dalla Regione Lazio, nella settimana dal 26 ottobre al primo novembre, l'incidenza è stata di 181,3 casi ogni 100mila abitanti. Le persone più anziane sono risultate essere quelle più maggiormente colpite dal virus, ma rispetto alla prima ondata il Covid-19 ha cominciato a colpire anche la fascia di popolazione più giovane. Sono soprattutto gli under 30 che hanno iniziato a contrarre il virus. La proporzione di casi sintomatici sul totale dei contagi è pari al 50%, con un incremento proporzionale all'aumentare dell'età.
L'89% dei cluster è familiare
Oltre al numero dei casi, a essere aumentato è anche il numero dei focolai. Nelle ultime tre settimane i cluster sono raddoppiati, passando da 246 nella settimana dal 5 all'11 ottobre, a 455 nell'ultima settimana. Non solo: considerando la difficoltà di tracciamento dei focolai familiari, questo dato potrebbe essere addirittura sottostimato. Proprio quest'ultimi rappresentano l'89% dei cluster totali (per un totale di 1845 casi), seguiti da quelli delle RSA (4%, 412 casi) e dalla scuola (2%, 198 casi).
A Roma l'Rt a 1,18
Il numero dei contagi è aumentato anche in correlazione all'aumento dell’attività di testing. Al momento l'Rt nel Lazio è pari a 1.3, ma presenta una variabilità diversa tra le province della regione. A Viterbo ad esempio ha un valore di 1.68, mentre a Rieti di 1.47. Più basso a Roma, nonostante il numero maggiore di abitanti rispetto agli altri comuni e la densità maggiore per numero di pendolari che raggiungono ogni giorno la capitale per andare al lavoro. Qui l'Rt è di 1,18. Valori molto più bassi rispetto alle altre grandi città in Italia, e che hanno contribuito a inserire il Lazio nelle cosiddette ‘aree gialle', con restrizioni più leggere rispetto ad altre regioni dove la pandemia ha più incidenza.
Sovraffollamento e stress della rete ospedaliera
A preoccupare le autorità politiche e sanitarie, il fatto che c'è più del 50% di possibilità che nei prossimi trenta giorni nel Lazio ci sia ‘un'escalation ad alto rischio‘ che potrebbe portare a un serio problema di sovraffollamento nei reparti ordinari e di terapia intensiva della rete regionale. La speranza è che le misure intraprese finora riescano a piegare la curva e scongiurare questo pericolo. Nell'ultima settimana di ottobre sono 1531 gli accessi registrati al pronto soccorso per polmonite, il doppio di quanto si era osservato durante il picco di marzo e tre volte quello che si era verificato nello stesso periodo nei due anni precedenti. "La necessità di ricoveri delle polmoniti da COVID-19 sulla rete ospedaliera – spiega la Regione Lazio – ha determinato una condizione di sovraffollamento dei PS/DEA regionali con inevitabile ripercussione sull’emergenza territoriale e blocco di mezzi del 118″.