Condanne al Clan Di Silvio di Latina in appello: 52 anni di carcere, 20 al boss Lallà
Condanne al clan Di Silvio anche al termine del processo di appello dell'inchiesta "Alba Pontinia": otto condanne a cinquantadue anni e sette mesi di carcere per i membri del gruppo mafioso che hanno scelto di farsi giudicare con il rito abbreviato. La sentenza è stata emessa dalla Corte di Appello di Roma, che ha confermato in sostanza l'impianto accusatorio della Direzione Distrettuale Antimafia.
Le condanne: Armando ‘Lallà' Di Silvio, ritenuto il capo dell'organizzazione e il capo della famiglia di origine sinti è stato condannato a 20 anni di carcere; 13 anni e 4 mesi di carcere per la moglie Sabina De Rosa Francesca De Rosa a 2 anni e nove mesi; Genoveffa Di Silvio a 4 anni; Angela Di Silvio a 5 anni; Giulia De Rosa un anno e nove mesi; Tiziano Cesari a 2 anni e cinque mesi; infine Federico Arcieri a 3 anni e quattro mesi.
Il collegio giudicante ha riconosciuto alcune delle attenuanti generiche, infliggendo un totale di condanna inferiore al primo grado, quando erano stati 64 anni gli anni comminati. I reati contestati al gruppo criminale a vario titolo sono quelli di traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, violenza privata, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e reati elettorali. Per tutti l'aggravante del metodo mafioso. Stabilite anche le somme da versare alle parti civili: 30.000 euro alla Regione Lazio; 40mila euro al Comune di Latina; 10mila all’Associazione Antonino Caponnetto.
L'operazione "Alba Pontina" aveva portato allo scoperto un intreccio tra criminalità organizzata, politica e imprenditoria. I Di Silvio avevano imposto il loro potere criminale sul territorio a suon di intimidazioni e omicidi. Con il terrore dal loro quartier generale del campo boario avevano imposto l'egemonia nell'attività estorsiva e nello spaccio di droga. Il gruppo criminale si era anche messo ben volentieri a disposizione di politici di centrodestra in cerca di voti, e mettendo a disposizione i propri servizi ad esempio nell'attacchinaggio dei manifesti.