Vizi privati, pubbliche virtù. La destra italiana nei decenni della Seconda Repubblica ha trasformato in regola un doppio registro linguistico e ideologico. Perché c'è quello che si fa e si dice all'interno della proprio "comunità", e quello che si fa e si dice in pubblico.
Le dimissioni di Marcello De Angelis hanno infine fatto cadere il velo dell'ipocrisia.
Il 2 agosto il capo della comunicazione istituzionale della Regione Lazio scrive: "So per certo che con la strage di Bologna non c'entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini. Non è un'opinione: io lo so con assoluta certezza".
A vedere il bene il problema di questa dichiarazione non era la critica a una sentenza, ma l'opportunità di dir,e da rappresentante di un'istituzione ,quello che tutta la destra italiana ha sempre scritto sui volantini, nei convegni, nei social: "Nessuno di noi era a Bologna". Dove quel "noi" indica come gli inquisiti dei Nar, facciano a pieno titolo parte della stessa famiglia della destra destra oggi di governo.
D'altronde mentre erano latitanti Mambro, Fioravanti e soci sono stati coperti e aiutati da alcuni parlamentari ed ex parlamentari del Movimento Sociale Italiano. Quel partito che per Giorgia Meloni "ha traghettato milioni di italiani nella democrazia", ma che ha anche rappresentato il partito ombrello da cui sono entrati e usciti i principali attori della strategia della tensione in Italia.
Subito dopo De Angelis ha avuto l'ardire di paragonarsi a Giordano Bruno, prima di chiedere scusa per la sua uscita che ha imbarazzato la premier Giorgia Meloni. Ma la verità è che Fratelli d'Italia si presenta come l'erede delle vittime della violenza rossa, ma non ha il coraggio di guardarsi allo specchio e fare i conti con il ruolo della destra postfascista durante la stagione delle stragi. Con le coperture e le connivenze.
Passa qualche settimana e sulle pagine di Fanpage.it raccontiamo quello che tutti sanno nel mondo della destra più o meno radicale: Marcello De Angelis, anche negli ultimi anni, ha continuato a coltivare il suo ruolo di vecchio saggio all'interno della comunità della destra italiana. Esercitando il suo fascino anche in quanto frontman dei 270 bis.
In particolare abbiamo raccontato di come la band avesse ancora in repertorio una canzone apertamente antisemita. Dopo 24 ore di polemiche e nuove richieste di dimissioni, il diretto interessato ha chiesto scusa di nuovo scusa in un comunicato contrito in cui dice che negli ultimi vent'anni è cambiato, anche grazie all'impegno umanitario all'interno della Croce Rossa, e di provare "orrore e vergogna" per quella canzone.
Subito dopo spunta una foto su Instagram in cui si mostra un candelabro identico a quello che le SS accendevano al solstizio d'inverno, un piccolo rito "pagano" molto diffuso anche a destra. Tanto chi vuoi che se ne accorge di quello che davvero significa? È un gesto, un messaggio di riconoscimento e appartenenza. Subito dopo Fanpage.it pubblica un video del 2016: è un concerto al Piper di Roma dove De Angelis canta tra una selva di saluti romani la sua hit, un omaggio a Benito Mussolini e Claretta Petacci.
Ma per il partito che sta occupando tutte le istituzioni dalla sua postazione di maggioranza relativa il doppio registro, che prevede che all'interno dove si può fare e dire tutto, anche coltivare i riti delle SS di Himmler e dare per scontata l'aderenza ideale e sentimentale al regime fascista, e all'esterno si sconfessa e si aderisce alla retorica democratica, è diventato insostenibile.
Un'ipocrisia che è davanti agli occhi tutti. Il nostro lavoro è stata renderla evidente, perché no, non ci vogliamo abituare al fatto che sia "normale".