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Colpo al clan Di Silvio, nelle carte una ‘sposa bambina’: due aborti e madre a 14 anni

Nell’ordinanza di arresto di 4 membri del clan Di Silvio a Latina il giudice ha sottolineato che appaiono “inconcepibili e assolutamente non giustificati gli usi e i costumi della famiglia Sinti”.
A cura di Enrico Tata
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Immagine di repertorio (Fonte Getty Images)
Immagine di repertorio (Fonte Getty Images)

Colpo al clan Di Silvio: quattro arresti, smantellata una piazza di spaccio a Campo Boario, Latina. Ma nell'ordinanza cautelare emessa dal gip a seguito di un'indagine durata oltre due anni, c'è di più: c'è anche la descrizione di una ‘sposa bambina', protagonista di un matrimonio con rito sinti a soli 12 anni, quando peraltro era già incinta.

Poche settimane più tardi la bambina viene accompagnata in un ospedale di Napoli per abortire, ma successivamente è rimasta nuovamente incinta e ha avuto una seconda interruzione di gravidanza. Due anni dopo, ancora minorenne, ha avuto un figlio. Il marito era anch'egli minorenne all'epoca dei fatti e i suoi genitori fanno parte dei quattro arrestati ieri per spaccio e traffico di droga. Nelle carte viene sottolineato che anche i genitori di lei "erano perfettamente a conoscenza che la minore intratteneva rapporti sessuali con il fidanzato".

Il padre e la madre della ragazza sono adesso indagati perché erano perfettamente consapevoli delle violenze subite dalla figlia. Entrambi sono accusati di reato sessuale in danno della figlia proprio perché consapevoli di tutto ciò che avveniva tra i due ragazzi minorenni. In questo contesto, ha sottolineato il giudice, appaiono "inconcepibili e assolutamente non giustificati gli usi e i costumi della famiglia Sinti".

Quando la madre della ragazza ha chiesto di poter riavere sua figlia a casa, i suoceri non solo si sono opposti, ma quando la bambina ha cercato di allontanarsi da casa l'hanno ripresa e riportata dal marito. Nell'ordinanza si legge ancora che i comportamenti dei Di Silvio sono stati messi in atto "per effetto di una biasimevole e assolutamente non giustificabile formazione culturale che non può trovare ingresso nel nostro sistema giuridico e desta particolare allarme ove si tenga conto dello stato di evidente sottomissione della minore e delle pressioni psicologiche attuate sulla stessa dagli indagati".

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