Clan Casamonica, sgombero in corso di una villa con piscina alla Romanina

Sgombero in corso in via Flavia Demetra, alla Romanina, per liberare una villa con piscina appartenente a Giuseppe Casamonica, membro della famiglia Casamonica. Gli agenti della polizia di Stato del commissariato Romanina stanno eseguendo l'operazione dalle prime ore della mattina di oggi, martedì 5 marzo 2024.
Le forze dell'ordine stanno probabilmente intervenendo a seguito della sentenza definitiva da parte della Cassazione che ha stabilito la confisca e il passaggio degli immobili all'Agenzia per i beni confiscati. La stessa sentenza ha portato anche a nuovi arresti.
Gli ultimi nove arresti dopo la sentenza della Cassazione
Dopo la sentenza della Cassazione sul maxiprocesso al clan Casamonica, lo scorso gennaio i carabinieri del nucleo investigativo di Frascati hanno rintracciato e arrestato nove persone. Si trovavano in libertà o agli arresti domiciliari, ma sono stati portati in carcere perché condannati per intestazione fittizia, usura, estorsione e spaccio di sostanze stupefacenti. L'operazione che ha portato alle decine di arresti è iniziato dopo la denuncia di due donne intenzionate a prendere le distanze dalla famiglia.
Per la Cassazione il clan Casamonica è mafia
Dopo un processo durato quattro anni, è stata la Corte di Cassazione a confermarlo: quello dei Casamonica è un clan mafioso. Trenta imputati nel maxiprocessi avevano fatto ricorso dopo che la Corte d'Appello aveva ribadito l'accusa di 416bis, con condanne da scontare in carcere: quella maggiore, a trent'anni, per il boss Domenico Casamonica. A confermare l'associazione mafiosa e, di conseguenza, le condanne a carico dei membri del clan, è arrivata la Cassazione nella sua sentenza.
"Il gruppo criminale Casamonica, operante nella zona Appio-Tuscolana di Roma, con base operativa in vicolo di Porta Furba è organizzato in una ‘galassia', ossia aggregato malavitoso costituito da due gruppi familiari dediti ad usura, estorsioni, abusivo esercizio del credito, nonché a traffico di stupefacenti, dotato di un indiscusso prestigio criminale nel panorama delinquenziale romano, i cui singoli operavano tuttavia in costante interconnessione e proteggendosi vicendevolmente, così da aumentare il senso di assoggettamento e impotenza delle vittime, consapevoli di essere al cospetto di un gruppo molto coeso ed esteso", scrivevano i giudici di secondo grado nella sentenza. Quelli che hanno operato in primo grado, invece, avevano emesso 44 condanne per un totale di 400 anni di carcere.