Cinque ricoveri in un mese e mezzo per colite, poi la morte: si indaga per omicidio colposo
Una donna è morta a 63 anni la notte dal tra il 5 e 6 maggio all'ospedale San Giovanni Addolorata, dopo un mese e mezzo e cinque ricoveri in altrettante strutture della capitale per una colite ulcerosa. Il decesso sarebbe arrivato per una setticemia e ora i parenti della donna vogliono capire esattamente cosa sia accaduto e se la loro cara poteva essere salvata. Il caso è arrivato in Procura, dopo la denuncia dei familiari, ed è stato aperto un fascicolo con l'ipotesi di reato di omicidio colposo dal pubblico ministero Rita Cerasa per accertare eventuali responsabilità.
Sulle pagine della cronaca romana del quotidiano il Messaggero viene ricostruito il tortuoso percorso ospedaliero della donna fino al decesso. La donna vive con la figlia a Fonte Meravigliosa, quartiere residenziale alla periferia Sud di Roma. Dopo giorni di dolori intestinali fortissimi, la figlia il 25 marzo decide di portarla al San Giovanni Addolorata qui la 63enne, dopo le visite di rito, viene dimessa con una terapia da fare a casa. Ma il dolore non passa e così viene chiamata un'ambulanza e viene trasportata al pronto soccorso dell'ospedale Sant'Eugenio. La donna rimane due giorni in pronto soccorso perché non ci sono posti in reparto e firma le dimissioni. Siamo arrivati al 10 aprile e la sera stessa devono chiamare di nuovo l'ambulanza perché i dolori sono troppo forti e torna al Sant'Eugenio. I posti in reparto continuano a non essere disponibili così dopo altri due giorni la signora viene trasferita alla clinica Nunziatella, da dove viene dimessa dopo una settimana con una terapia da seguire a casa.
Dopo alcuni giorni la paziente si reca di nuovo al San Giovanni per una visita. Qui il gastroenterologo, preoccupato delle sue condizioni, la fa ricoverare. Dall'ospedale, dove sempre non ci sono posti, il trasferimento nella clinica Villa Fulvia. Il 5 maggio infine il peggioramento improvviso, la corso in ambulanza al San Giovanni dove muore poco dopo il suo rientro. L'ipotesi più accreditata è che la donna sia morta per un arresto cardiaco in conseguenza dell'infezione.
Ora si dovrebbe procedere con il sequestro delle cartelle cliniche e ulteriori analisi per mediche. "Non vorremmo trovarci di fronte ad un caso di trascuratezza e malasanità dettate dalla esclusiva attenzione che molte strutture in questi mesi stanno dedicando al Covid a danno delle altre patologie considerate ordinarie", queste le dichiarazioni rese al Messaggero dal legale della famiglia Carmine De Pietro.