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Cinque anni dopo la rivoluzione a metà di Virginia Raggi: la sindaca oggi è un politico come un altro

Dopo cinque anni di governo essere onesti non basta per essere diversi dagli altri partiti e dagli altri politici. E alla fine del primo mandato Virginia Raggi punta tutto sul voto dei quartieri di periferia dove è riuscita a costruire un consenso personale al di là del Movimento 5 Stelle, e su convincere i tanti indecisi.
A cura di Valerio Renzi
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Tra staff e stato maggiore si ostenta ottimismo: da Roma può arrivare la vera sorpresa. Virginia Raggi spera negli indecisi per arrivare al ballottaggio, ma anche nella debolezza del grande favorito del primo turno Enrico Michetti per recuperare voti anche a destra: non a casa negli ultimi giorni ha concentrato i suoi attacchi vero il candidato del centrodestra molto di più che contro Roberto Gualtieri. Sarebbe un'impresa, un capolavoro politico, che coronerebbe una campagna elettorale condotta con grinta dalla sindaca, che non ha lasciato niente di intentato.

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Ma cosa rimane oggi delle speranze di cinque anni fa? Cosa rimane della rivoluzione annunciata dal Movimento 5 Stelle dopo mafia capitale? La verità è che rimane poco o nulla. Al termine del mandato Raggi appare una politica come un'altra. Una normalizzazione iniziata con il "sì" allo stadio della Roma, e andata di pari passo con quella di tutto il Movimento che doveva aprire il parlamento come una scatoletta di tonno. Oggi il M5S di Giuseppe Conte è un partito e basta.

Il refrain di Virginia Raggi per tutta la campagna elettorale è stato sempre lo stesso: ora che abbiamo sistemato l'ordinario, che si fanno i bandi di gara a modo, che i conti sono in ordine e che le procedure funzionano, possiamo finalmente cambiare le cose, dateci fiducia per altri cinque anni. Peccato che a Roma di ordinario non ci sia proprio nulla, se una metropoli di questa dimensione non ha un ciclo di rifiuti che neanche lontanamente funziona e l'immondizia si accumuli a tonnellate ciclicamente per le strade. Gli impianti non ci sono, la differenziata è al palo, e la girandola di dirigenti e assessori rimossi dalla sindaca non ha sicuramente aiutato. Dare la colpa a Nicola Zingaretti e alla Regione Lazio è un po' troppo comodo, soprattutto per la forza politica che dell'economia circolare e dei rifiuti zero aveva fatto la sua bandiera. C'è poi l'altro enorme nodo dei trasporti dove, se il concordato ha messo al sicuro Atac dal fallimento, il servizio non è di certo migliorato e i progetti per il futuro di nuovi tram, metro e funivie per la ormai chimerica cura per il ferro di Roma sono rimasti in un cassetto.

Ma la cosa che fa più impressione oggi, dopo cinque anni è come Virginia Raggi indica la possibilità di cambiare davvero il volto di Roma nel prossimo mandato: il Giubileo del 2025 ed Expo 2030. Sempre la solita logica dei grandi eventi che il Movimento 5 Stelle aveva sempre rifiutato. Secondo la sindaca ora Roma può affrontare questi appuntamenti proprio perché ha i conti in ordine, la verità è che non si riesce a immaginare uno sviluppo per Roma fuori dagli investimenti immobiliari e i faraonici progetti di "riqualificazione". Ma soprattutto arriveranno risorse, risorse che il M5S non vuole rinunciare questa volta a gestire.

L'altra scommessa del Movimento 5 Stelle cinque anni fa era quella di rinnovare la classe dirigente della città, di promuovere i cittadini e le esperienze civiche al governo di Roma, di costruire un rapporto diverso tra Campidoglio e società, tra rappresentanza e cittadini. E anche da questo punto di vista le cose non sono andate benissime rispetto alle speranze suscitate. In più di un momento, soprattutto nella prima fase, Palazzo Senatorio è sembrato più un fortino impermeabile all'esterno che "la casa di vetro" promessa da Virginia Raggi al momento dell'insediamento (chi ricorda le vicende del "rasputin del Campidoglio" Salvatore Marra? E le assicurazioni di Salvatore Romeo a nome della sindaca? L'arresto per corruzione di Marcello De Vito?). Sui territori il Movimento è poi andato in crisi, tanto che se nel 2016 e anche nel periodo immediatamente successivo la presenza dei gazebo dei meet up e dei militanti grillini erano una costante, in questa campagna elettorale praticamente non si sono visti.

Il Movimento 5 Stelle a Roma è la sua leader. Virginia Raggi, nonostante tutto, continua a godere di un credito significativo soprattutto in alcune zone della periferia della città, un consenso sicuramente maggiore di quello del suo partito. E su questo punta il tutto per tutto: compattare il "suo" popolo per non far tornare "quelli di prima", quelli dei partiti, del magna magna e dei favori agli amici degli amici.

Ma dopo cinque anni di governo essere onesti non basta più per essere diversi dagli altri, fanno notare in molti.

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