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Cimitero dei feti, Garante privacy multa Ama e Comune di Roma: “Diffusi nomi di chi ha abortito”

Multa da 176mila e 239mila euro ad Ama e Comune di Roma per la vicenda del cimitero dei feti resa nota nel 2020, dopo che una donna ha deciso pubblicamente di denunciare quello che le era accaduto dopo un aborto terapeutico.
A cura di Natascia Grbic
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Il Garante della Privacy ha sanzionato il Comune di Roma e l'Ama per aver diffuso i dati delle donne che avevano interrotto la gravidanza, apponendo i loro nomi sulle lapidi del cosiddetto ‘cimitero dei feti' al Flaminio. Roma Capitale dovrà versare un totale di 176mila euro, mentre Ama 239mila euro. La Asl Roma 1 è stata invece ammonita.

I fatti sono esplosi nell'ottobre 2020, ma era da tempo che questa pratica andava avanti senza il consenso delle donne che avevano interrotto la gravidanza. Alcune donne avevano saputo che al cimitero erano presenti delle lapidi con il proprio nome, sotto le quali erano stati sepolti i feti, abortiti con interruzione terapeutica. Molte di loro non erano a conoscenza di queste lapidi, ma non solo: all'ospedale non gli era stato nemmeno chiesto se volevano procedere con la sepoltura o meno. Alcune, avevano rifiutato.

Al cimitero Flaminio erano però presenti tantissime lapidi riportanti nome e cognome delle donne che avevano avuto un aborto terapeutico. Una violazione della privacy gravissima, sistematica non solo a Roma, ma in tutta Italia, che ha portato poi l'Assemblea capitolina a modificare il Regolamento di Polizia Cimiteriale del 30 ottobre 1979 in materia di inumazioni di feti, nati morti e prodotti abortivi.

A denunciare quanto stava accadendo nei cimiteri romani è stata Marta, una ragazza che ha avuto un'interruzione terapeutica di gravidanza. Si tratta di quegli aborti che avvengono dopo le tredici settimane in caso di malformazioni del feto, confermate da villocentesi o amniocentesi, esami che possono essere eseguiti solo a un'epoca gestazionale più avanzata.

"Nel momento in cui firmai tutti i fogli relativi alla mia interruzione terapeutica di gravidanza, mi chiesero se volessi procedere con esequie e sepoltura – la denuncia di Marta all'epoca – Io risposi che non volevo procedere, per motivi miei, personali che non ero e non sono tenuta a precisare a nessuno".

"Questa vicenda è assurda, provo rabbia e angoscia nell'aver visto che, senza il mio consenso, altri abbiano seppellito mio figlio con una croce, simbolo cristiano, che non mi appartiene e con scritto il mio nome". Nonostante la denuncia, in Italia vi sono ancora regioni in cui gli embrioni e i feti abortiti vengono seppelliti senza il consenso della donna.

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