Chiusi 29 compro oro: operavano senza autorizzazione approfittando della crisi covid
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La Divisione Amministrativa e Sociale della Polizia di Stato ha chiuso questa mattina 29 compro oro aperti di recente sul territorio della capitale, e tutti riconducibili alla stessa società di Milano. Gli esercizi commerciali, nonostante ancora non avessero l'autorizzazione né da parte della polizia né fossero registrati presso la Banca d'Italia come previsto dalle norme anti riciclaggio, avevano iniziato ad operare.
Approfittando della crisi economica e dalle difficoltà innescate dal coronavirus, il gruppo evidentemente voleva occupare velocemente uno spazio di mercato. La spregiudicata operazione imprenditoriale è ora al vaglio degli inquirenti. Le forze dell'ordine hanno sequestrato in tutto sessanta chili di oggetti d'oro e d'argento.
"L’attività svolta dai compro-oro, da sempre oggetto di particolare interesse da parte delle forze dell’ordine, è stata ulteriormente attenzionata dal personale della Questura nell’attuale periodo legato all’emergenza covid, proprio per il pericolo che il momento di fragilità delle imprese e delle famiglie, determinato dalla mancanza di liquidità, potesse favorire il rischio di illegalità e speculazioni in genere", si legge in una nota della Questura di Roma.
I tutti e 29 i punti vendita, dove l'operazione è scattata in contemporanea per evitare che potessero essere portati via oggetti e documenti, erano stati muniti di grandi insegne con su scritto 7 giorni su 7 – 9.00/20.00 Orario continuato”, “Compro Oro”, “SUBITO IN CONTANTI”.
Secondo quanto ricostruito dall'inchiesta la città era divisa in sette zone, ognuna delle quali sotto la responsabilità di un cosiddetto buyer, ovvero una figura addetta a valutare gli oggetti per l'acquisto. Da quanto ricostruito pesatura, valutazione e il corrispettivo in denaro per i clienti avvenivano in modo arbitrario e a tutto vantaggio dell'acquirente di preziosi.
Ogni giorno i preziosi venivano portati da questi presso la sede centrale e da qua spediti a Milano, "in palese violazione anche della normativa che impone che i preziosi acquistati oltre ad essere dettagliatamente descritti su schede immodificabili e conservate agli atti del negozio, vadano tenuti presso la stessa sede per almeno dieci giorni prima di essere portati via per la fusione".