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Chiesti 15 anni per Michele Senese ‘O’ Pazz’: è il re di Roma, diceva uno degli arrestati

Per il boss Michele Senese la procura ha chiesto oggi di confermare le condanne comminate in primo grado, quindici anni di carcere con l’aggravante mafiosa. In appello Senese era stato assolto, ma la Cassazione ha disposto un processo d’appello bis.
A cura di Enrico Tata
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È il capo di Roma, il boss della camorra romana, che tutto comanda nella Capitale. Diceva così uno degli arrestati in seguito alla maxi inchiesta della Direzione distrettuale antimafia denominata ‘Affari di Famiglia', riferendosi a Michele Senese, detto ‘O' Pazz'. Per il boss, la procura ha chiesto oggi di confermare le condanne comminate in primo grado, quindici anni di carcere con l'aggravante mafiosa.

La pronuncia della Cassazione: un nuovo processo d'appello bis

Lo scorso febbraio la Corte di Cassazione ha disposto l'annullamento della sentenza di assoluzione stabilita dalla corte d'appello, quando i giudici decisero di far cadere l'aggravante mafiosa. In quell'occasione i giudici hanno accolto il ricorso presentato dai pm della procura di Roma contro la pronuncia di assoluzione dello scorso 9 febbraio 2023. La procura generale della Cassazione aveva invece chiesto di confermare quella sentenza, non riscontrando l'aggravante mafiosa nelle condotte contestate a Senese.

La Corte suprema ha disposto un processo d'appello bis e oggi la procura generale ha chiesto di confermare la condanna di primo grado. In quell'occasione furono condannati anche la moglie, il fratello e il figlio di Senese. Gli imputati ricevettero oltre 120 anni di carcere per accuse che vanno dall'estorsione, all'usura, riciclaggio e trasferimento fraudolento dei valori.

Michele Senese e l'inchiesta ‘Affari di famiglia'

Michele Senese si trova già in carcere perché condannato in via definitiva nel 2017 a 30 anni per l'omicidio di Giuseppe Carlino, avvenuto il 10 settembre 2001 a Torvaianica, sul litorale romano.

L’operazione “Affari di Famiglia”, eseguita a luglio 2020, ricostruisce gli investimenti e le operazioni economiche del clan. Fece emergere quello che gli inquirenti definirono un "vorticoso" giro di riciclaggio, estorsioni e usura con metodo mafioso.

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