Pizzini e certificati falsi per far uscire detenuti da Rebibbia: arrestati psicologo della Asl e avvocato

Dall’alba carabinieri e polizia penitenziaria hanno dato esecuzione a misure cautelari e di sospensione dal pubblico servizio per un sistema illecito, che ruotava intorno al carcere di Rebibbia.
A cura di Alessia Rabbai
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Un sistema illecito, che consentiva ai detenuti di godere di misure alternative al carcere in base a certificazioni false, che attestavano un abuso di stupefacenti, uno stato di tossicodipendenza o precarie condizioni psicologiche. Lo hanno scoperto gli investigatori della polizia penitenziaria all’interno del Servizio per le Dipendenze (Ser.D.) dell’Asl Roma 2, che presta servizio presso la casa circondariale di Rebibbia. A promuoverlo era in particolare uno psicologo, ora agli arresti domiciliari. Una vicenda che vede anche il coinvolgimento di due avvocati, dei quali uno arrestato, e di un narcotrafficante, già in carcere.

Le operazioni di carabinieri e polizia penitenziaria

Le operazioni dei carabinieri
Le operazioni dei carabinieri

Dall'alba di oggi, lunedì 27 gennaio, circa trecento carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati e dei vari Comandi dell’Arma tra le province di Roma, Napoli, Avellino, Viterbo, L’Aquila, Teramo, Imperia e Bergamo hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare disposte dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale Ordinario di Roma, su richiesta della locale Procura della Repubblica, Direzione Distrettuale Antimafia.

La prima indagine, fatta insieme al Nucleo Investigativo Centrale della polizia penitenziaria riguarda quattro persone, due ai domiciliari e due sospese dal pubblico servizio per un anno. Sono gravemente indiziate, a vario titolo, per i reati di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.

Il ruolo dello psicologo e il legame con i detenuti

Lo psicologo avrebbe assegnato ai detenuti dei trattamenti terapeutici con lo scopo di farli uscire da Rebibbia ed ottenere misure alternative. Per farlo scriveva certificazioni mediche false, che rendevano il paziente di fatto incompatibile con il carcere. In un’occasione c'è stato anche un episodio di corruzione: un detenuto ha pagato mille euro allo psicologo in cambio di una relazione psicologica ad hoc, nella quale il professionista ha espresso un parere favorevole per ricevere benefici penitenziari.

Gli inquirenti ipotizzano che lo psicologo abbia avuto rapporti con alcuni detenuti anche attraverso alcuni operatori volontari del Ser.D., per cercarne di nuovi da aiutare ed ottenere più soldi dalla Asl, denaro previsto per il contenimento del rischio suicidario.

Con la complicità di altri professionisti sanitari avrebbe mirato a reperire fondi di natura pubblica, circa 100.000 mila euro, tramite una turbata libertà del procedimento di scelta del contraente relativo al bando per un progetto della Regione Lazio denominato "Progetto Sportello".

Arrestato un avvocato per aver aiutato un narcotrafficante

La seconda indagine, ha portato ad un’ordinanza nei confronti di ventotto persone, gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di detenzione illecita ed associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. L'inchiesta è partita dal controllo di un detenuto all’interno del carcere di Rebibbia. Personaggio di spicco del narcotraffico romano, l'ipotesi degli investigatori è che fosse in contatto con lo psicologo del Ser.D..

Per i carabinieri il narcotrafficante, nonostante fosse in carcere, grazie all'aiuto di due avvocati, uno dei quali arrestato, ha continuato a gestire l'attività di spaccio nel quadrante Sud-Est della Capitale, tra i quartieri di Roma Tor Bella Monaca e Cinecittà-Tuscolano, Valle Martella di Zagarolo. Per gli investigatori i due avvocati avevano l'incarico di mandare messaggi e dare direttive per suo conto, l'ipotesi è che abbiano fatto entrare in carcere telefonini e droga.

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