Cecilia D’Elia è una femminista in parlamento: “Congedo di paternità a 3 mesi, approviamo la legge”
Come è arrivata è stata travolta dalle grandi manovre per l'elezione del Presidente della Repubblica?
Ormai mi conoscono come la numero mille e nove. Come sono arrivata mi trovo a votare il Presidente della Repubblica, ed è un grande onore. Domani ci sarà la riunione dei grandi elettori del Partito Democratico. Vediamo come andrà. Mi auguro che si raggiunga l'accordo su un nome con una larga maggioranza, per eleggere un presidente, o una presidente, che tenga unito il paese.
"Candidati sono Berlusconi, Draghi e una donna". Immagino sia critica su come è stato affrontato il tema di una donna al Quirinale…
Capisco le intenzioni di chi fa un appello a l'elezione di una donna, mettendo in discussione il monopolio maschile su questa carica. Ma le donne hanno nomi e cognomi, è con questa logica va valutata una candidatura femminile, rischiamo altrimenti di togliere autorevolezza a nomi di donne che potrebbero svolgere egregiamente questo ruolo. Però una donna non vale l'altra, dobbiamo dirlo con chiarezza
Che fa una femminista alla Camera dei Deputati per un anno?
Ci sarebbero tantissime cose da fare. Per prima cosa dovrebbero finire l'iter legislativo diverse leggi già approvate da un solo ramo del parlamento. Penso alla legge sulle statistiche di genere legate alla violenza maschile contro le donne. Una legge sul cognome materno sarebbe necessaria per mettere la parola fine all'ultima permanenza patriarcale nel diritto di famiglia, e una legge per portare il congedo di paternità a tre mesi è indispensabile per la condivisione del lavoro di cura. Durante la campagna elettorale ho sentito una grande attenzione dalle reti di donne con cui ho lavorato in questi anni, da femminismi molto diversi per storia e generazioni, che non era scontata. Questo è molto importante per me perché credo nella politica come processo collettivo.
Deputata femminista sì, ma anche una deputata romana, eletta in un territorio – quello del centro storico della città – unico al mondo.
Una delle prime cose che ho fatto da deputata è stata ascoltare l'audizione in commissione Affari Costituzionali del sindaco Roberto Gualtieri. Ci sono tante cose da fare per la città, a cominciare dalla legge su Roma Capitale per ridefinire poteri e risorse. Siamo in una fase delicata per Roma, con una crisi economica che ha colpito un modello di sviluppo incentrato sul turismo, però ci sono anche grandi possibilità con le risorse messe in campo dal PNRR e il Giubileo: si aprono grandi opportunità di cambiamento, dobbiamo saperle cogliere.
Secondo i retroscena le trattative di caminetto tra correnti erano arrivate a un accordo su un altro nome per le suppletive romane, poi c'è stata l'indicazione molto forte del segretario Enrico Letta che l'aveva voluta nella segreteria nazionale. Com'è stata la sua esperienza da dirigente impegnata nell'organizzazione di partito?
La proposta di candidarmi mi è arrivata all'unanimità dal partito romano, che sicuramente ha raccolto l'indicazione di Enrico Letta su un nome femminile. Da parte mia credo sia il riconoscimento di un percorso iniziato con l'elezione a portavoce della Conferenza nazionale delle donne democratiche, un riconoscimento personale ma soprattutto collettivo del lavoro fatto. Una scelta fatta quando è ancora aperta la ferita in un partito che si dice attento ai temi di genere, all'uguaglianza, ma che ha indicato tre ministri uomini nell'attuale governo. Ripeto: la politica è un'esperienza collettiva, non individuale. Per questo credo molto anche nel percorso delle Agorà Democratiche, dove si confrontano le persone e non solo i leader. Per questo ho scelto come slogan della campagna elettorale "libera la forza", perché ci sono tanti singoli e singole senza una casa politica, energie e idee preziose che aspettano di essere coinvolte.