Catarci: “Decentramento e città dei 15 minuti per invertire le priorità: ora prima le periferie”
Il cuore che batte a sinistra, dieci anni da presidente nel fortino rosso di Garbatella, Andrea Catarci è oggi assessore a Decentramento, Partecipazione e Servizi al territorio per la città dei 15 minuti. Una denominazione forse ampollosa, per deleghe che però sono fondamentali per il profilo politico dell'azione di governo della giunta Gualtieri, in particolare rispetto ai servizi e all'attenzione da portare ai territori di periferia e di cintura. I suoi primi cento giorni sono stati spesi in gran parte per costruire un pezzo di macchina politica e amministrativa che prima non esisteva, indirizzandola verso compiti nuovi.
Da ex presidente di municipio conosce bene la fatica di amministrare territori con scarse risorse e pochi poteri. Un tema quello del decentramento fondamentale, soprattutto perché si interseca con quello della tanta agognata riforma della governance di Roma Capitale. Qual'è il ruolo del suo assessorato in questo tanto atteso processo?
Il decentramento per noi è il meccanismo con cui intendiamo valorizzare gli enti municipali, dentro un'opera complessiva di razionalizzazione della macchina politico amministrativa. Banalmente si pensa che tutto sia riducibile al fatto che funzioni viaggino dalle strutture centrali alle strutture periferiche. In realtà è più complesso e si tratta di fare un ragionamento di merito su come si possano erogare in maniera più efficace ed efficiente i servizi ai cittadini. Per farlo però bisogna essere convinti in partenza di una cosa: che Roma è una città così grande, così complessa e così estesa, a caratteri così marcate marcatamente metropolitani verrebbe da dire, che ovviamente non si può pensare di amministrarla da un posto, ovvero dal Campidoglio. Il decentramento è possibile in maniera efficace solo però se viene rinnovato lo status complessivo di Roma Capitale, facendo atterrare maggiori poteri e risorse anche sul Campidoglio per un'area di competenza più vasta: dal centro è possibile coordinare, decidere le politiche d'indirizzo, ma poi chi conosce e sta sui territori deve poterle applicare in modo efficace
La città dei 15 minuti: come passare dallo slogan a una realtà diversa per i cittadini? Abbiamo visto poi che si arrabbia quando si fraintende il significato dell'espressione…
Certamente: è chiaro che la città dei 15 minuti non vuol dire andare dall'estrema periferia al centro storico in 15 minuti. Sembra ovvio da dire ma in molti, anche giornalisti e addetti ai lavori la travisano in questo senso. La città dei 15 minuti è invece una città che sta nella prossimità, che ha i servizi lì dove abitano i cittadini, dove un presidio sanitario, il trasporto su rotaia, poli culturali e sportivi sono raggiungibili e accessibili. Parliamo di una città che non è la Roma di oggi, ma che vogliamo sia la Roma del futuro.
Detta così sembra quello che una volta era l'assessorato alle periferie… Con quali fondi realizzerete servizi e interventi struttura?
Faremo delle cose con i fondi del PNNR, altre le proveremo a fare con il bilancio ordinario. Dobbiamo invertire la rotta decenni di disattenzione ai territori più lontani dal centro della città, non solo la periferia consolidate, le borgate storiche, ma la città cresciuta a cavallo tra dentro e fuori l'anello del Grande Raccordo Anulare. Cominceremo con aprire le scuole il pomeriggio con programmi rivolti ai territori, e con almeno un hub culturale per ogni municipio, con aule studio, spazi per la creatività e coworking. Dobbiamo far atterrare nuovi servizi ma senza consumare nuovo suolo e costruire, ma dobbiamo andare verso il riuso del patrimonio comunale che è una grande questione, una questione aperta e complicata su cui però non è più rinviabile mettere le mani e fare ordine, perché parliamo di un patrimonio che è una ricchezza comune della città. Per fare la città dei quindici minuti servirà una grande opera di analisi e progettazione territoriale, dovremo dare gambe a espressioni troppo abusate come programmazione, partecipazione co-progettazione.
Lei è espressione della lista Sinistra Civica Ecologista, una coalizione tra partiti e forze civiche che ha sostenuto Roberto Gualtieri. Da domani a domenica darete vita a una tre giorni di discussione a partire dai "vostri" primi cento giorni. Quale il compito per la sinistra oggi a Roma?
Serve una grande opera di coinvolgimento della città per centrare obiettivi ambiziosi. Perché altrimenti ogni volta che si fanno le analisi post-elettorali ci si mette a piangere senza cambiare poi nulla Rispetto al dato dell'astensionismo dobbiamo ricucire lo strappo che è reale, uno strappo che è reale e che qui a Roma ha dei tratti molto forti, e che ha determinato la distanza tra la città reale e le istituzioni. Quindi il primo elemento su cui si deve riuscire a caratterizzare l'azione politica della maggioranza, oltre che sul buon governo, è la capacità di rinnovare un patto con la cittadinanza. La sinistra deve ricostruire i legami popolari dentro questa città, dare voci alle esperienze sociali che dentro la pandemia sono state pronte a fare cose che le istituzioni non sono state in grado di fare ma che sono troppo parcellizzate, insieme dobbiamo rilanciare i meccanismi di partecipazione e progettazione della cosa pubblica.