Caso Orlandi, l’ex agente della Digos: “Nel nastro arrivato all’Ansa si sentiva una ragazza torturata”
"La registrazione ha subito dei tagli": è quanto ha dichiarato uno dei poliziotti che ascoltarono l'audiocassetta inviata all'agenzia Ansa nel luglio del 1983. A rivelarlo è l'ex agente Antonio Asciore, intervistato nel corso della puntata di mercoledì 19 aprile di Chi l'ha visto?, in onda su Rai Tre. All'epoca aveva 21 anni e lavorava nella Digos, in via di San Vitale: nella serata di domenica 17 luglio è stato inviato a prelevare l'audiocassetta nella sede dell'Ansa e, un volta tornato in questura, l'ha ascoltata insieme ad alcuni colleghi. "Si sentivano le urla di una ragazza torturata, ne siamo rimasti sconvolti: ciò che resta oggi dell'audio è soltanto una parte dell'originale".
L'audiocassetta inviata all'agenzia Ansa
Quel 17 luglio Asciore è al lavoro: "Mi hanno detto di andare alla sede dell'Ansa, ma non sapevo neanche di cosa si trattasse. Sono andato lì, mi hanno questo pacchettino e l'ho portato in ufficio: era un reperto che riguardava Emanuela Orlandi. Il funzionario ci disse di ascoltarlo ed è ciò che abbiamo fatto". All'inizio, però, non capivano ciò che stavano ascoltando: "Inizialmente non capiva bene cosa fosse, sembravano delle voci poco comprensibili. Poi si sono cominciati a sentire dei lamenti di una voce femminile".
L'agente Asciore ricorda di aver sentito oltre alla voce femminile, anche alcune maschili: "Mi ricordo di aver distinto alcune voci, almeno tre: qualcuna con inflessioni dialettali, altre che non si capivano bene; alcune parlavano a monosillabi. Lei diceva basta, non ce la faccio più. Si stava lamentando, le stavano facendo qualcosa. E una delle voci maschile ad un certo punto le gridava contro, rimproverandola. Le diceva di smetterla e di stare zitta, la impauriva".
Particolarmente toccanti, invece, i lamenti della ragazza: "In molti passaggi, si lamentava come se la tortura aumentasse a poco a poco di intensità – ha continuato a ricordare – Ci siamo chiesti cosa le stessero facendo. Quando sentivamo le frasi o i lamenti che più ci facevano impressione, anziché guardare l'apparecchio, ci guardavamo negli occhi l'uno con l'altro e facevamo dei gesti di meraviglia. Siamo rimasti tutti male, strani. Quella sera stavamo male, non so spiegare come, ma stavamo male".
Molte sono state le domande, fin da subito: "Inizialmente pensavamo che la stessero torturando, ma ci chiedevamo cosa potesse essere: il coltello, le pinze, che le stanno facendo? Non si capiva, si capiva soltanto che lei parlava del sangue. Mi faccio male, diceva".
La ragazza che si lamentava nell'audiocassetta inviata all'Ansa era Emanuela Orlandi?
Dopo aver portato l'audiocassetta in questura, gli agenti l'hanno fatta ascoltare anche alla famiglia Orlandi. "L'hanno ascoltata mio padre, mio zio e mio cugino – ha ricordato Pietro Orlandi – Mi hanno raccontato che si sentiva malissimo. C'erano tutte quelle voci di uomini, ma che dicevano? si chiedevano dopo averla ascoltata". Secondo lo zio di Emanuela la voce sarebbe combaciata con quella della nipote: "Per quanto riguarda la voce femminile, sebbene in condizioni non normali, posso dire con una buona dose di sicurezza che si tratta di mia nipote Emanuela Orlandi. Nella frase mi lasci dormire, credo di riconoscerla almeno al 90%", aveva subito dichiarato lo zio, come è stato messo a verbale il 18 luglio.
"Ci sono un paio di frasi di senso compiuto che appena le ho sentite non ho avuto nessun dubbio: per me quella è Emanuela. E anche mio padre e mio zio era lei", aggiunge oggi Pietro Orlandi.
Come raccontato dall'ex agente della Digos, dal padre e dallo zio di Emanuela Orlandi, nella registrazione precedente ci sarebbero almeno tre voci maschili, mentre una quarta e una quinta sarebbero sull'altro lato del nastro. Come racconta l'ex agente Asciore, però, nel 1983 sarebbero state presenti molte più voci maschili: "Secondo me ci sono stati anche tagli sui lamenti, perché quelli che si sentono adesso chiaramente sono lamenti, ma non sono gravi come quelli che ho ascoltato la prima volta: credo che quello che ho ascoltato di recente sia solo una parte del nastro sentito nel 1983. All'epoca c'era di più, anche come minuti".
Gli appunti del Sisde sulla registrazione
Pochi giorni dopo quel 17 luglio, l'audiocassetta è stata ricevuta dal Sisde che ha scritto un appunto riservato che descrive il nastro come "una registrazione nella quale si avvertono lamenti ripetuti di una giovane donna verosimilmente sottoposta a sevizie. Dall'ascolto della registrazione si evince che è stata fatta mentre la ragazza veniva sottoposta a stimolazioni dolorose di intensità variabile e progressivamente crescente. Scariche elettriche?"
L'agente del Sisde incaricato di analizzare la cassetta, aggiunge: "Si tratta di una registrazione autentica e non di spezzoni montati artatamente. Ho avuto comunque l'impressione che tale registrazione sia stata ottenuta con l'ausilio di suoni e rumori preregistrati su altri nastri, che siano stati fatti risentire nel momento in cui veniva registrata la violenza di Orlandi". A questa descrizione si aggiunge una constatazione: "Molto verosimilmente la voce si identifica con quella ascoltata sul nastro precedente", cioè quella fatta ascoltare dall'americano allo zio di Emanuela. Nella relazione del Sisde viene spiegato perché potrebbe trattarsi della stessa persona: "Le due voci hanno in comune un po' nasale, specie per quanto riguarda la lettera a".
Che fine ha fatto l'audiocassetta originale?
Risalire all'audiocassetta originale, inviata all'Ansa nel 1983, sembra impossibile: "In Procura ci sono soltanto cd, non c'è traccia della cassetta. Il primo pensiero è stato che potessero esserci voci maschili riconoscibili", ha dichiarato Pietro Orlandi. "Perché non tenere l'originale?", si chiede anche la sorella di Emanuela, Natalina Orlandi. Nessuna informazione, invece, sul nastro lasciato, qualche ora prima, sotto al colonnato di San Pietro, che sarebbe stato prelevato da un funzionario del Vaticano.