Caso Orlandi, chi è il profugo bulgaro che avrebbe rapito Emanuela e cosa c’entra con l’audio delle sevizie

Theodor Hlebaroff. È di lui che sospettava l'arcivescovo Martinez Somalo secondo quanto riportato in alcuni appunti inediti svelati nei giorni scorsi sul caso di scomparsa di Emanuela Orlandi e risalenti al periodo immediatamente successivo alla scomparsa della ragazzina. Secondo l'arcivescovo, strettissimo collaboratore del segretario di Stato Vaticano dell'epoca, Agostino Casaroli, l'uomo, profugo bulgaro, avrebbe forse potuto avere un ruolo nel caso di scomparsa avvenuto il 22 giugno 1983.
Un Paese, la Bulgaria, che torna spesso nella vicenda, tanto da ipotizzare una vera e propria "pista bulgara" nell'ambito degli accertamenti oltre la penisola italiano. Dall'ipotesi del sacrificio per l'intrigo internazionale ad una delle versioni fornite dall'attentatore di papa Giovanni Paolo II ed ex Lupo Grigio Ali Agca, che ha parlato di un collegamento fra Wojtyla e il KDS, i servizi segreti della Bulgaria comunista, poi smentito dal leader di allora Todor Živkov. Fino, per concludere, ad una corrispondenza intercorsa fra la Stasi e il ministro bulgaro, come riportato dal giudice Ilario Martella dopo aver visto dei documenti desecretati a seguito della caduta del muro di Berlino.
Perchè Theodor Hlebaroff potrebbe aver rapito Emanuela Orlandi
Dopo un veloce salto temporale che ci ha portato al termine del 1989, per capire chi sia Theodor Hlebaroff e quale rapporto abbia con il caso di scomparsa di Emanuela Orlandi è necessario ritornare all'estate della sua scomparsa, nel 1983, ancora prima del 22 giugno 1983.

Qualche tempo prima, infatti, alla Segreteria di Stato del Vaticano era arrivata una lettera firmata da un persona che si presentava come un rifugiato proveniente da un Paese dell'Est Europa. Diceva di trovarsi in un campo profughi in Friuli e chiedeva asilo politico alla Santa Sede. Oltre alla lettera, aveva allegato una sua foto tessera e un certificato della sua iscrizione all'istituto di musica sacra Tommaso Ludovico da Victoria. Lo stesso frequentato da Emanuela Orlandi.
Le reazioni del Vaticano sul rapimento di Emanuela Orlandi
Una volta appreso della scomparsa della ragazzina, dopo le 20 di quel tragico 22 giugno, sarebbe arrivata una telefonata in Vaticano a seguito della quale monsignor Viganò e monsignor Sandri hanno chiamato immediatamente il responsabile dell'archivio per ricevere quel documento che, probabilmente, è stato consegnato in copia quella sera stessa al dottor Volpe, dell’Ispettorato di pubblica sicurezza presso il Vaticano, per svolgere le indagini. In breve tempo ne sono stati informati il il cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli e anche papa Giovanni Paolo II, preoccupati e mobilitati per il salvataggio della ragazza da subito.

"Non c'era ancora una denuncia di scomparsa, ma in Segreteria di Stato già si parlava del suo rapimento, c'era già una rivendicazione e una prima comunicazione, arrivata direttamente al cuore dello Stato pontificio: se questo racconto è vero, è chiaro che il primo e unico interlocutore cercato dai rapitori non è la famiglia Orlandi ma il Vaticano, che è da considerarsi subito coinvolto in maniera diretta nella vicenda", scrive l'avvocata Laura Sgrò nel suo libro Cercando Emanuela.
Ad avvalorare il coinvolgimento dei superiori in Vaticano, anche la scelta d lasciare Porta Sant'Anna aperta tutta la notte, cosa che non accadeva mai e che, soprattutto, non sarebbe dovuto accadere mentre il pontefice si trovava in viaggio in Polonia.
Chi è il rifugiato bulgaro Theodor Hlebaroff
Dopo l'arrivo delle chiamate in Vaticano, oltre a collaborare con la Procura per provare ad intercettare le telefonate, sono stati svolti gli accertamenti del caso sulla lettera di richiesta di asilo, consegnata anche alle autorità giudiziarie italiane e di cui c'è una copia nel fascicolo della prima inchiesta, poi archiviato.
Oltre ai documenti presentati dal richiedente asilo Theodor Hlebaroff, ci sarebbe anche un verbale con informazioni rese da Anna Trahibeneif, che aveva fatto parte del Movimento Sacharov, movimento non politico a tutela dei diritti dell'uomo, ascoltata il 16 agosto 1983 dai carabinieri di Bolzano. La donna dichiarava di aver ricevuto nel maggio dello stesso anno, una telefonata da parte di un sedicente profugo bulgaro che le avrebbe chiesto aiuto e riferito di aver fatto richiesta di asilo politico in Vaticano.
La stessa donna, inoltre, avrebbe riconosciuto la voce di Theodor Hlebaroff fra i presenuti rapitori della giovane nell'audio delle sevizie consegnato all'Ansa il 17 luglio 1983, fra i presunti rapitori della giovane. Theodor Hlebaroff, secondo queste informazioni, potrebbe essere molto più che un profugo richiedente asilo in Vaticano.