Caso Hasib, volato dalla finestra durante una perquisizione: rimosso dirigente del commissariato
Era stata catalogata come un'ipotesi di tentato suicidio, poi, qualche giorno fa, la denuncia in parlamento: Hasib Omerovic, ragazzo disabile di origine rom di 36 anni, ha provato a togliersi la vita gettandosi dalla finestra della camera da letto dell'abitazione in cui vive, in via Gerolamo Aleandro, a Primavalle? Per permettere alle indagini di fare il loro corso, è stato disposto un avvicendamento del dirigente e del vicedirigente del distretto di polizia del quartiere da parte del Dipartimento di Pubblica Sicurezza. La decisione è stata giudicata necessaria per consentire una riorganizzazione delle attività del distretto stesso, come scrive in un articolo la Repubblica: il nuovo dirigente sarà accuratamente selezionato e si insedierà immediatamente.
La versione dei poliziotti
Nei giorni successivi alla vicenda, accaduta lo scorso 25 luglio, tutti avrebbero trattato il caso proprio come un tentativo di suicidio. E non è escluso che i quattro agenti intervenuti nella casa del 36enni sosterranno la stessa versione dei fatti anche fra qualche giorno, durante l'interrogatorio in Procura o negli uffici della Squadra Mobile.
Cosa è accaduto quel 25 luglio ad Hasi
La versione dei fatti proposta dai poliziotti, però, si trova totalmente in disaccordo con quanto dichiarato nell'esposto presentato dalla famiglia Omerovic il 10 agosto scorso, poi ribadito in parlamento il 12 settembre scorso. A ricostruire quei drammatici momenti, la sorella trenttenne di Hasib. La ragazza, affetta da un grave deficit psichico, per questa ragione non sarebbe capace di mentire, "di inventare storie diverse da quelle che vede", come ha spiegato l'avvocata dei genitori di Hasib, Susanna Zorzi. Proprio sulla sua versione si è basata l'ipotesi di reato dei pm, cioè quella di concorso in tentato omicidio e falso (quest'ultimo, però, è contestato solo ai loro superiori per il momento).
Ciò che sembra essere certo, confermato anche dalla relazione dell'Ares 118, è che quel pomeriggio un'ambulanza è intervenuta in via Aleandro, dove si trova l'abitazione di Hasib, subito dopo una richiesta partita dalla sala operativa del 113, a sua volta in contatto con le pattuglie arrivate sul posto per soccorrere il ragazzo, già aiutato da alcuni agenti in borghese che si trovavano vicini alla ringhiera dove è caduto.
Non si conoscono ancora le dinamiche che hanno portato alla caduta di Hasib e il riserbo è davvero massimo: le indagini, oltre ad essere coordinate dalla Questura, sono seguite in prima persona dal capo della polizia Lamberto Giannini. Secondo la versione dei poliziotti il tentativo di suicidio sarebbe arrivato al termine della perquisizione, quando erano già usciti di casa. Diversamente, invece, per la sorella di Hasib il fratello sarebbe stato picchiato dai poliziotti, poi si sarebbe barricato in camera tanto da spingere gli operatori a rompere la serratura. L'intervento delle forze dell'ordine era stato richiesto da una donna che vive nello stesso quartiere che aveva accusato Hasib di molestie, come ha anche scritto su Facebook.
Continuano le indagini: la perizia sulla caduta
Sono molte le domande a cui dovranno rispondere i pm. Per ora si attendono le dichiarazioni dei poliziotti che dovranno spiegare come si è svolto il controllo, effettuato ai danni dei due ragazzi, entrambi con disabilità, senza richiedere la presenza di familiari, personale medico o servizi sociali. Altre risposte, inoltre, arriveranno dai risultati del test del dna sui vestiti del 36enne e degli agenti, ma anche sul manico della scopa spezzato e dopo prove tecniche da parte della Polizia Scientifica che, nei prossimi giorni, eseguirà prove tecniche con un manichino per tentare di ricostruire la caduta di Hasib e capire se si sia davvero lanciato da solo o sia stato gettato da altre persone.
Il titolare dell'inchiesta, il pm Stefano Luciani, proprio per fare luce su questo, si è rivolto a un perito che dovrà sciogliere tutti i dubbi sulla dinamica della caduta, appurando la presenza di eventuali spinte, prendendo in analisi, eventualmente, anche ferite e tumefazioni riportate sul corpo. Un ultimo interrogativo è quello rappresentato dalle fotografie: non è chiara la ragione per cui i poliziotti abbiano scattato alcune foto, come spiegato dalla sorella del ragazzo.