Carlo Calenda sa da molti mesi che non sarà il prossimo sindaco di Roma, da quando è stato chiaro che il Partito Democratico non avrebbe accettato di appoggiare la sua candidatura e di rinunciare alle primarie. E una cosa che non manca all'eurodeputato è la testardaggine, così ha deciso di non lasciare il campo libero ma di occuparlo quanto più a lungo possibile e al meglio possibile. Sa che non arriverà al secondo turno ma ha già vinto.
Dalla campagna elettorale la sua leadership di un possibile polo liberale esce rafforzata. Soprattutto se, come sembra più che certo, le sue preferenze supereranno di gran lunga quella della lista a suo sostegno. Carlo Calenda insomma dimostrerà di valere molto di più dei voti di azione. E questo è un messaggio che anche Matteo Renzi dovrà prima o poi intendere.
In secondo luogo Calenda ha cominciato a costruire territorialmente il suo partito a cominciare da Roma, facendo un importante salto di qualità e proponendosi come polo di attrazione per i delusi dall'attuale offerta polemica e da chi è in cerca di una nuova casa.
Terzo, ma più importante, l'ex ministro è riuscito a mettersi per mesi sotto i riflettori chiarendo in maniera inequivocabile qual'è la sua proposta politica: mai con il Movimento 5 Stelle e mai con il Partito Democratico che pensa stabilmente a un'alleanza di centrosinistra con all'interno i pentastellati.
"Scegli un sindaco, non un partito". Uno slogan davvero singolare per colui che si presenta come l'acerrimo avversario del populismo, ma che spiega alla perfezione alla perfezione l'interesse per questa competizione elettorale di Carlo Calenda che ha visto uno spazio di visibilità da occupare e lo ha fatto, con pragmatismo e una buona dose di cinismo.
Calenda insomma ha già vinto. E se alla fine un suo insperato successo dovesse azzoppare la corsa di Roberto Guatieri, facendogli raggiungere il paradossale risultato di far andare al ballottaggio la destra di Michetti con Virginia Raggi, poco male la sconfitta sarà tutta dal Partito Democratico.