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Borseggiatrice incinta pestata in metro perché voleva smettere di rubare: fermate 2 persone

Rintracciati due dei tre aggressori che lo scorso 5 aprile hanno massacrato di botte una borseggiatrice incinta in metropolitana: sottoposti allo stato di fermo.
A cura di Beatrice Tominic
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Le immagini dal video del pestaggio.
Le immagini dal video del pestaggio.

È stata massacrata di botte mentre si trovava in uno dei vagoni metropolitana della linea B, su un convoglio che stava viaggiando in direzione Laurentina dalla stazione di Termini. La donna, una trentanovenne croata, è stata presa a calci e pugni da tre persone: "Devi rubare di più", le avevano detto i suoi aggressori. Ma lei, una borseggiatrice in metropolitana, aveva deciso di non voler più lavorare per loro.

La polizia ha rintracciato due dei tre aggressori e li ha sottoposti in stato di fermo di indiziato di delitto due persone perché gravemente indiziate del reato di estorsione e rapina aggravata in concorso.

Perché è stata aggredita

Non appena concluso il pestaggio, il gruppo si è allontanato e sul posto sono arrivati gli agenti della Questura di Roma, dopo aver ricevuto una segnalazione. Hanno trovato la donna a terra, agonizzante. Perdeva sangue dal volto. "Vogliono da me 1000 euro al giorno come ricavato dei furti. Sono stata costretta a continuare, mi hanno picchiato perché volevo smettere", avrebbe dichiarato la donna ai poliziotti, precisando che sarebbe riuscita a riconoscerli con certezza.

Dopo il pestaggio la donna, che si trovava all'ottavo mese di gravidanza, è stata costretta a far nascere d'urgenza il bambino che portava in grembo ed è stata sottoposta a diverse operazioni maxillofacciali. Non è in pericolo di vita, ma insieme al suo bimbo è stata tenuta sotto osservazione per diverso tempo a causa delle condizioni serie in cui si trovava.

Chi sono i due soggetti fermati

Le persone sottoposte in stato di fermo per estorsione e rapina aggravata in concorso sono due. Si tratta di un uomo di 20 anni e una donna di 24 di origine rom. Insieme al terzo aggressore, avrebbero costretto la donna a continuare con i furti anche quando aveva chiaramente dichiarato di voler smettere, perché si trovava in stato interessante. L'autorità giudiziaria ha presto convalidato il lavoro degli agenti della Polizia di Stato del Commissariato Viminale.

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