Bimbo morto nell’ascensore della metro a Roma, condannato l’addetto Atac che cercò di aiutarlo

Otto mesi di carcere per omicidio colposo è la condanna che la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito in via definitiva nei confronti di Flavio Mezzanotte, l'ex dipendente Atac, che ha aperto l'ascensore dal quale è poi caduto un bambino di quattro anni, che era rimasto bloccato all'interno insieme a sua mamma. Per gli ermellini la caduta, con la conseguente morte del bimbo, è stata direttamente causata dal comportamento dell'imputato e se avesse agito diversamente, si sarebbe potuta evitare: "Colpa dell'intervento affrettato del tecnico".
A riportare la notizia della sentenza è La Repubblica. In sede processuale l'ex dipendente Atac si era difeso assistito dal suo legale, spiegando di essere intervenuto "perché la temperatura fuori era di 33 gradi e dentro non c'era aria" dunque temeva per l'incolumità della donna e di suo figlio. E che: "Il mio collega non si è opposto, anche lui aveva capito l'emergenza".
Il bimbo caduto dall'ascensore della metro a Furio Camillo
I drammatici fatti che hanno portato alla scomparsa improvvisa del bambino sono avvenuti il 9 luglio del 2015 all'interno di una stazione della metro A Furio Camillo. Secondo quanto ricostruito in sede d'indagine prima e riportato in aula poi, la donna era entrta all'interno dell'ascensore con suo figlio di quattro anni. Improvvisamente però l'ascensore si è bloccato e tutti e due sono rimasti chiusi dentro.
Il dipendente Atac finito a processo e poi condannato in via definitiva, è intervenuto con l'intenzione di aiutarli: in attesa dell'arrivo dei soccorsi ha aperto le porte dell'ascensore rimaste bloccate per farli uscire, affiancandosi al mezzo con un altro ascensore. Il bambino a quel punto, vedendo che la porta si apriva, si è mosso, ma è caduto in un'intercapedine, precipitando per circa venti metri ed è morto. Purtroppo inutile ogni tentativo da parte del personale sanitario di salvarlo.