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Avvocato famiglia Pozzi: “Criminalità organizzata dietro morte di Jimmy, carabinieri sanno più di quanto dicono”

Ancora troppi dubbi e domande senza risposta sulla morte di Gianmarco Pozzi, detto Jimmy, avvenuta nell’agosto 2020 a Ponza. “La famiglia è stata convocata dalla commissione antimafia -spiega a Fanpage.it l’avvocato Gallo – Nel frattempo resta da chiarire cosa sia avvenuto una volta ritrovato il corpo”.
A cura di Beatrice Tominic
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"Si sono sentiti abbandonati dalle istituzioni – spiega l'avvocato della famiglia di Gianmarco Pozzi, Fabrizio Gallo, a Fanpage.it riferendosi ai familiari di Gianmarco – La convocazione alla commissione antimafia è stato il primo passo importante che ha rappresentato un cambio di prospettiva da parte del padre e di tutta la famiglia di Gianmarco". A più di tre anni dalla morte del ventottenne, avvenuta a Ponza nell'agosto del 2020, si torna a parlare del caso. Dopo il ritrovamento della carriola, che secondo un testimone sarebbe stata utilizzata per trasportare un corpo senza vita, le indagini potrebbero arrivare ad una svolta.

"Questa convocazione dimostra la possibilità che la morte di Gianmarco possa essere avvenuta in un contesto di criminalità organizzata", ha spiegato a Fanpage.it. "È evidente che qualcuno non abbia fatto il suo dovere a Ponza, all'indomani del ritrovamento del corpo: a dimostrarlo ci sarebbe anche un procedimento aperto per frode processuale a Cassino. Perché il comandante che ha chiamato per avvisare della morte di Gianmarco ha parlato di una caduta dal balcone? E chi ha preso a martellate il telefonino prima che arrivasse al tecnico, integro al momento del ritrovamento?"

La carriola e le tracce di dna

Il primo dato che arriva riguarda le tracce di dna presenti sulla carriola. Potrebbero appartenere a Gianmarco, campione di kickboxing conosciuto nell'ambiente sportivo come Jimmy, al suo assassino. Ma anche a suo padre, che soltanto questa estate ha trovato l'attrezzo per caso a meno di 150 metri dal luogo in cui giaceva il corpo.

"Lo hanno escluso: lui ha usato una maglietta o un guanto per non lasciare tracce. Quello che sappiamo è che le due tracce sono diverse. Hanno escluso anche quella di Gianmarco, per il momento – spiega il legale – Una potrebbe appartenere al proprietario stesso della carriola, ma sembra essere abbandonata da anni. Sarebbe un po' strano", ammette l'avvocato Gallo. "Non è escluso, però, che le tracce possano appartenere, secondo quanto riportato dalle testimonianze, a chi ha trasportato Gianmarco. Magari non a chi l'ha ucciso, ma a qualcuno che, comunque, è direttamente coinvolto. Questa, almeno, è la nostra speranza. Perché chi lo ha trasportato, sa anche chi lo ha ammazzato. Sono figure strettamente connesse".

A chi appartengono le tracce di dna

Un elemento che potrebbe rappresentare la svolta nel caso. "Dopo il ritrovamento delle tracce di dna, anche sull'impulso del nostro medico legale, abbiamo presentato una lista di persone a cui il pm deve prendere il dna per effettuare il confronto: fra loro anche le persone che convivevano con lui a Ponza e il proprietario del Blue Moon, che è intervenuto sul posto perché inizialmente chiamato per fare il riconoscimento", specifica.

"Adesso aspettiamo il confronto: se una di queste tracce corrisponde ad uno degli otto individui, il caso è chiuso. Vedremo anche chi si rifiuterà di fornire il proprio dna – continua – Inoltre aspettiamo anche l'esito sul dna ritrovato in un fazzolettino nel sacchetto all'interno delle mutande di Gianmarco, sui mozziconi di sigaretta e anche all'interno di un sacchetto con lo scontrino dell'acquisto di mannite (utilizzata per tagliare la cocaina, ndr) di qualche giorno prima".

La pista della droga

Il dettaglio della mannite porterebbe gli inquirenti alla pista della droga. Come ribadito dal padre stesso di Gianmarco nel corso della trasmissione Pomeriggio Cinque ieri, Gianmarco è risultato positivo alla cocaina. Proprio dalle indagini per la morte del giovane, inoltre, sono scattati gli accertamenti sulla droga nell'isola di Ponza, con cinque arresti nel maggio 2022. "Sicuramente fra i due episodi ci sono delle connessioni – continua l'avvocato Gallo – L'omicidio di Gianmarco secondo me è maturato all'interno di un contesto legato alla droga".

La convocazione alla commissione antimafia

L'avvocato non nega una possibile accelerazione del caso. "La convocazione alla commissione antimafia sicuramente rappresenta un passo in più verso la risoluzione del caso – ipotizza l'avvocato – Siamo stati convocati dal senatore Cantalamessa, insieme ai rappresentanti dei vari gruppi parlamentari. Alcune domande sono state secretate. Ritengono ci possa essere anche un contesto di criminalità organizzata. Quando la commissione antimafia si muove, sotto c'è qualcosa di più grande: so che c'era un'inchiesta grande su Ponza. E questa ne è la conferma".

Un passo importante soprattutto per la famiglia Pozzi: "Hanno finalmente sentito la vicinanza delle istituzioni: insieme all'avvocato Manara ho chiesto delucidazioni sulle varie mancanze a Ponza all'indomani del ritrovamento del corpo. Non c'è stato il sequestro dell'area, non c'è stata autopsia, ad esempio".

La rabbia del padre di Gianmarco

Nonostante l'impegno delle istituzioni non si placa però la rabbia e l'amarezza del padre di Jimmy. "Sono arrabbiato con chi avrebbe dovuto difendere mio figlio e non l'ha fatto", ha dichiarato ieri su Canale Cinque.

"Lui ce l'ha con gli amici della casa: conoscevano la famiglia, ma dalla morte di Gianmarco hanno chiuso tutti i ponti. Potevano aiutare, secondo la famiglia sanno qualcosa ma sono spariti e hanno dimostrato un distacco totale". Poi aggiunge: "Resta la delusione verso le istituzioni perché sono stati rubati tutti i vestiti e i documenti di Gianmarco. Abbiamo capito chi è stato, chi ha consentito che venissero presi gli indumenti e dato a qualcuno. Noi abbiamo sporto denuncia, ma non abbiamo risposte". Il richiamo è alle forze dell'ordine dell'isola: "Basti pensare alla dichiarazione del comandate della caserma di Ponza, che aveva parlato di una caduta da una terrazza di otto metri: facendo una verifica c'è un procedimento aperto per frode processuale a Cassino. Vuol dire che qualcuno non ha fatto il suo dovere. O almeno non bene".

Un ulteriore interrogativo resta sul telefonino del giovane: "È stato consegnato ai carabinieri sano, ma arriva al tecnico completamente distrutto: lo schermo era stato preso a martellate. Ma da chi? E perché?".

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