“Attacco a Israele è guerra a tutto l’Occidente”: parla il presidente della Comunità ebraica di Roma
Victor Fadlun lo scorso 1 luglio è stato eletto presidente della Comunità ebraica di Roma. Poche settimane e la guerra tra Hamas e Israele, lo porta a farsi interprete dei sentimenti provati in questi giorni drammatici dall'ebraismo italiano.
Lo incontriamo nel suo ufficio al Tempio sul Lungotevere. Le misure di sicurezza sono aumentate tutto attorno all'edificio della sinagoga, è palpabile. Attendiamo mentre parla al telefono con Israele, la voce dall'altra capo è agitata, sembra provare a tranquillizzare e a fare forza ai suoi interlocutori, per quanto possibile. "Sono i miei cugini, hanno passato la notte in un bunker", spiega agganciando la telefonata.
Quella appena trascorsa per il presidente della Cer è una giornata piena di impegni e significato, non solo per lo scoppio del conflitto, ma anche perché è l'anniversario dell'attentato alla Sinagoga di Roma che il 9 ottobre del 1982 provoca la morte di Stefano Gaj di 2 anni, e il ferimento di 37 persone, alcune in modo gravissimo. "Quando avvenne l'attentato io avevo nove anni e ricordo perfettamente nella nostra scuola, ho frequentato la scuola ebraica a Roma, il clima tremendo che ha seguito quel giorno buio della nostra storia. Un ricordo di dolore per tutta la comunità". Ieri mattina a portare il loro saluto c'erano tutte le istituzioni dello Stato italiano, dal sindaco Roberto Gualtieri alla premier Giorgia Meloni.
Una giornata, quella della celebrazione dell'attentato portato a termine 41 anni fa da una fazione palestinese, che evidentemente si è caricata di un significato ben oltre il ricordo. "La mia certezza, purtroppo, è che Israele non uscirà vittoriosa da questo conflitto tremendo, questo nuovo modo di fare la guerra dell'orrore ispirato chiaramente da una matrice Isis di Jihad islamica, verrà esportato in tutto l'Occidente".
"Io sono un ebreo e sono un italiano. Sono fiero della mia nazionalità e del fatto di essere cresciuto in un mondo democratico e che dia pari opportunità a tutti. – sottolinea il presidente della Comunità romana – Io sono sì molto preoccupato, ma preoccupato anzitutto come italiano, come europeo e come cittadino di un Paese democratico". C'è Israele quindi come stato ebraico, ma prima di tutto quello che l'ebraismo istituzionale italiano sembra rilanciare in queste ore sono i toni della guerra globale al terrore, sembra di essere tornati indietro di dieci o quindici anni.
"Penso che l'Europa, il mondo civile intero, debba sostenere la guerra che Israele deve affrontare. Se verrà meno questo sostegno, perderemo tutti perché tutto questo arriverà nelle nostre case". Lo choc di quanto accaduto, con i militanti di Hamas che entrano nelle case ammazzando, che fanno strage nei kibbutz a ridosso della Striscia di Gaza e massacrano giovani da tutto il mondo venuti a ballare a una festa, qui è ancora più forte: "Come le dicevo sono un ebreo italiano, ho parte della mia famiglia in Israele perché le vicissitudini di quest'ultimo secolo hanno fatto sì che le nostre comunità, per colpa delle persecuzioni, siano divise".
Oggi il programma del presidente è fitto, oltre alle interviste c'è la presentazione delle iniziative per gli ottant'anni del rastrellamento del Ghetto in Campidoglio e la sera la fiaccolata a sostegno di Israele all'Arco di Tito. "Ringrazio la società italiana, le nostre istituzioni e anche tutta la classe politica che in un inedito abbraccio, ha condannato questo crimine". Ma la guerra potrebbe essere lunga, e Victor Fadlun chiede che "il sostegno non venga meno" perché ribadisce "questo è un sostegno alla civiltà, ai valori che abbiamo con fatica conquistato".
E la pace, il dialogo, è un orizzonte lontano anche visto da qua dall'Italia? "Per noi è anche un rinvio escatologico. L'era messianica che attendiamo, è quella in cui ci sarà la pace per tutti i popoli. Questa è la nostra speranza e la nostra certezza. Ma per arrivare alla pace a volte bisogna anche puntare i piedi".