Assistenza ai malati negli ospedali del Lazio, l’appello dell’Arvas: “Abbiamo bisogno di nuovi volontari”
Da quarantacinque anni assistono i pazienti e i loro familiari in molti ospedali di Roma e del Lazio, ma l'associazione Arvas è sempre alla ricerca di nuovi volontari. "Il bisogno di assistenza ai pazienti è davvero tanto in molte strutture sanitarie", ha spiegato a Fanpage.it il presidente dell'associazione, Silvio Roscioli.
Quando nasce l'Arvas?
"La nostra associazione nasce nel 1980 in modo abbastanza casuale. Era in corso un importante sciopero del personale sanitario e alcuni parenti di pazienti ricoverati presso l'ospedale San Giovanni di Roma si diedero da fare e si organizzarono per fornire un minimo di assistenza. Da quel piccolo nucleo, in modo molto rapido sono nati diversi gruppi all'interno degli ospedali principali di Roma. Inizialmente Arvas era l'acronimo di Associazione romana volontari di assistenza sanitaria, ma già l'anno successivo abbiamo dovuto modificare l'atto costitutivo e trasformare la ‘r' di ‘romana' in ‘regionale'. Proprio perché con il semplice passaparola si erano creati nuovi gruppi in tutto il territorio del Lazio. Oggi l'Arvas è presente in 26 strutture della regione con circa 1200 volontari.
Chi sono i volontari?
I gruppi di volontari sono gestiti da un responsabile locale che fa riferimento al consiglio esecutivo dell'Arvas, che viene eletto ogni quattro anni. All'inizio i nostri volontari, possiamo dire, erano soprattutto pensionati e pensionati, che avevano terminato il lavoro e si dedicavano al volontariato. Adesso abbiamo al nostro interno persone di tutte le età, di entrambi i sessi, e anche molte persone giovani nella fascia d'età 35-40 anni.
Com'è organizzato il lavoro e che tipo di impegno è richiesto?
I nostri volontari sono organizzati in base alle esigenze dell'ospedale, che sono ovviamente diverse di struttura in struttura. Ma soprattutto sono organizzati in base alle attitudini e alle scelte di ciascun volontario. I volontari operano nei reparti di degenza, come sostegno diretto ai pazienti, oppure nei pronto soccorso, con assistenza ai pazienti meno problematici. In più forniscono assistenza, ausilio e ascolto ai parenti che sono in attesa di notizie dei loro cari. Ci sono inoltre volontari che operano all'interno degli ambulatori per facilitare la fruizione dei servizi e altri nell'accoglienza per accompagnare i pazienti, soprattutto nei grandi ospedali, dove spesso i visitatori, in preda all'ansia e alla preoccupazione, faticano a trovare il percorso giusto. Per quanto riguarda l'impegno, noi chiediamo almeno due ore settimanali. La scelta del giorno e dell'orario avviene in base alla disponibilità del volontario e facendo riferimento a quello il responsabile predispone dei turni di servizio.
Immagino che un'eperienza come questa rappresenti anche un percorso di crescita per chi si impegna…
I nostri volontari vengono formati con un corso che dura mediamente quattro o cinque mesi, con una parte teorica in aula e una parte pratica, cioè un tirocinio con l'accompagnamento a un tutor e infine un colloquio finale. L'impegno è certamente importante, ma tutti i volontari ci raccontano di quanto ci si senta bene dopo aver svolto il servizio, nonostante la stanchezza e nonostante altre difficoltà. Cosa ha in cambio un volontario? Né la gloria né beni materiali, ovviamente, ma un ritorno in termini di relazione d'aiuto. Ci accorgiamo di quanto si possa crescere come persone nel fare volontariato e quanto possiamo scoprire noi stessi.
Siete alla continua ricerca di volontari… vuole fare un appello?
C'è ovviamente un ricambio fisiologico. All'inizio di ogni anno c'è sempre una percentuale intorno al 8/10 per cento di volontari che ci lasciano, chi per età chi per stanchezza. Siamo alla continua ricerca di volontari, perché il bisogno di assistenza alla persona è davvero tanto. Inoltre ci accorgiamo che qualsiasi progetto di umanizzazione della degenza, che è l'obiettivo di tutti gli ospedali, non può prescindere dalla presenza dei volontari, visti i carichi di lavoro del personale sanitario, infermieristico e medico. L'unica figura che può stare veramente vicino al paziente, anche magari semplicemente, lo metto tra virgolette, a parlare o ascoltare è proprio il volontario.
Non la voglio trascinare in polemiche politiche, ma in questo periodo la sanità del Lazio è in particolare sofferenza…
Vivo il volontariato da 50 anni e le dico che la nostra difficoltà, spesso, è proprio la relazione con le istituzioni, con le direzioni sanitarie e con le ASL. Diciamo che non siamo molto considerati. A livello individuale tutti ci elogiano, ma concretamente non riusciamo ad avere confronti a livello istituzionale.