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Ascanio Celestini e Pasolini: “Portare la cultura in periferia? Ma qui già c’è, va riconosciuta”

A partire dalla messa all’asta della casa di Pasolini a Rebibbia Christian Raimo e Ascanio Celestini hanno intrecciato un dialogo sull’eredità dello scrittore e su metodo che ci ha lasciato per confrontarci con gli ultimi, i luoghi che abitano e i loro bisogni: “Non serve che arrivi un’astronave in periferia per portare la cultura, serve riconoscere quello che già qua vive”.
A cura di Valerio Renzi
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Abbiamo chiesto a Christian Raimo – scrittore e assessore alla Cultura del III Municipio di Roma – di andare con Ascanio Celestini davanti alla casa dove Pier Paolo Pasolini ha vissuto nella borgata di Rebibbia, e che è notizia di questi giorni che sarà messa all'asta, per un dialogo attorno ai temi della valorizzazione del patrimonio culturale, delle periferie e delle politiche che attendono da troppi anni, del senso di un museo che accolga l'esperienza e la memoria di Pasolini.

Celestini sta portando in giro proprio in queste settimane uno spettacolo dal titolo "Museo Pasolini", una rappresentazione che già dal titolo ci pone il problema di come rapportarci con la memoria e con il lascito dell'autore di Ragazzi di vita e di una Vita violenta. E l'attore teatrale ci indica quello che è stato il ‘metodo Pasolini‘, ovvero quella curiosità irriducibile a vedere cosa c'è dietro l'angolo laddove finisce la città, quella disponibilità di mettersi in ascolto degli ultimi, di raccogliere e tradurre la loro "lingua poetica".

Il bisogno di scoprire "la città che ricomincia dove pensi che la città sia finita". "Ricomincia ‘nemica' come scrive Pasolini, però ricomincia e ricomincia fuori dalla Storia. – prosegue Celestini – Noi sentiamo tramite questo intellettuale e le sue opere, questo bisogno di fare entrare nella Storia qualcuno che nella Storia ancora non c'è ancora entrato… per questo questo luogo è importante, perché uno dei momenti in cui questo rivoluzionario ci dice ‘oh attenzione, fino a quando questi non entrano nella storia noi non stiamo a cambià niente!'".

Nell'ultimo lavoro del team di ricerca di Mappa Roma, Le Sette Rome (Donzelli Editore), gli autori hanno provato a costruire una mappa diversa dalle altre, quella della Roma degli invisibili, che prova a fare un parziale censimento di quella città che inizia dove finisce la città ufficiale. Le baracche, gli abusivi, gli occupanti, i senza titolo e i senza documenti. Una città che abita e si interseca alla Roma dell'esclusione e della povertà, delle case popolari e dell'economia extralegale.

Una città che Pasolini ci invita ad ascoltare, dove la cultura già c'è perché, come ci ricorda Celestini rispondendo a Raimo "non servono le astronavi che arrivano in periferia", ma serve capire di cosa c'è bisogno, valorizzare quello che già qua vive perché ci vivono le persone, espressioni culturali magari diverse da quelle musealizzate o alte, ma pulsanti. Non riconoscerle è l'ultimo sfregio che si può fare a Pasolini, magari inaugurando una casa un museo di cimeli che non visiterà mai nessuno, al posto di un doposcuola o un centro di ricerca sull'abitare e la cultura popolare di ieri e di oggi.

Oggi di questo si discuterà alla biblioteca Aldo Fabrizio in compagnia tra gli altri proprio di Celestini, in un incontro per chiedere l'acquisizione pubblica della casa che è stata di Pasolini per farne il cuore di un progetto innovativo "in cui la sua figura sia al centro di un esercizio di memoria e ricerca storica partecipata, capace di parlare anche alla realtà delle periferie di oggi". "Periferie che tornano in voga durante le campagne elettorali e che, ancora oggi, vengono quasi sempre raccontate dall’esterno, spesso seguendo un linguaggio neocoloniale, oscillante tra paternalismo e securitarismo",  scrivono ancora gli organizzatori.

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