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“Aiuti ai narcos che trafficavano coca dalla Colombia”: condannato noto avvocato romano

Piergiorgio Manca, noto penalista romano, è stato condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione per concorso esterno in associazione finalizzata al traffico di droga.
A cura di Natascia Grbic
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Quattro anni e sei mesi di reclusione: questa la condanna inflitta in primo grado per concorso esterno in associazione a Piergiorgio Manca, noto avvocato del Foro di Roma. Insieme al legale sono stati condannati anche Vincenzo Carzo e Antonio, ‘Ntoni Scarpacotta', inviati nella capitale dalla Calabria per gettare le radici della prima ‘ndrina romana. Secondo l'accusa, Manca avrebbe aiutato il gruppo criminale favorendo "la circolazione riservata di informazioni tra i sodali".

L'avvocato avrebbe inoltre fornito sostegno "morale e materiale ai sodali detenuti al fine di evitare rischi di delazione, di favorire incontri riservati tra gli indagati presso il suo studio per l'assunzione di decisioni importanti per la vita del sodalizio, o comunque di veicolare utenze, codici pin o indirizzi email per le comunicazioni riservate tra i sodali".

L'inchiesta partita nel 2011

Le indagini, partite nel 2011, hanno portato alla scoperta di un'associazione criminale che importava cocaina dalla Colombia e dal Venezuela grazie ai contatti con i cartelli della droga. La cocaina veniva fatta entrare in Italia dalla porta principale: i corrieri, infatti, atterravano direttamente all'aeroporto Leonardo Da Vinci. Qui, si presume con la complicità di tre carabinieri, i corrieri passavano i controlli ed entravano indisturbati nella città per portare la droga. L'inchiesta è partita nel 2011 con l'arresto di un donna che trasportava cocaina, e si è poi allargata coinvolgendo anche altre persone, tra cui l'avvocato Gamba.

"Rispetto la toga, anche quella che indossano i magistrati – ha dichiarato Manca a la Repubblica dopo la sentenza di primo grado – Davo per scontato la mia assoluzione. Ho solo fatto l'avvocato parlando con i miei assistiti – continua – fortunatamente c'è l'appello perché io sono veramente estraneo a tutto ciò. Queste sono cose che sono entrate nella mia vita professionale ma non in quella privata".

Il comunicato della Camera penale di Roma

Sulla vicenda si è espressa con un comunicato anche la Camera penale di Roma. "Grande turbamento nella nostra comunità ha destato la condanna di un famoso collega per concorso esterno in associazione ex art.74 D.P.R.309/90 – si legge nella nota – Definito anche dalla stampa uno dei Principi del Foro Romano è sicuramente un professionista stimato, di lunga esperienza e che ben possiamo definire un galantuomo, a noi tutti noto per la sua amabilità e per la sua competenza.

Senza entrare nel merito del processo, che siamo certi troverà sicura e positiva definizione in appello, possiamo però dire che questa sentenza stona con la statura umana e professionale del collega e, allo stesso tempo, desta grande apprensione per il futuro dell’avvocatura penalista.

Sono infatti ormai innumerevoli le indagini che da tempo, e non solo nel nostro Foro, vedono coinvolta la figura del difensore; indagini spesso espletate in violazione delle garanzie costituzionali e procedimentali poste a tutela della funzione della difesa, con il ricorso ad intercettazioni ambientali e telefoniche disposte in violazione dei limiti normativi (art. 103 c.p.p.) o surrettiziamente giustificate da fantasiose imputazioni, spesso mutate in corso d’opera che, invece, quella attività intercettiva permettono.

La Camera Penale di Roma denuncia con preoccupazione tutto ciò: il pericolo reale, in parte già inverato, di indagini così occhiute sulla funzione difensiva è che si determini un clima di sospetto e intimidatorio nei confronti dell’avvocatura. Vigileremo perché ciò non accada e continueremo nella nostra funzione senza condizionamenti di sorta".

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