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Ada Colau: “Lo abbiamo fatto a Barcellona, anche Roma può regolare il turismo di massa”

L’ex sindaca di Barcellona è a Roma per un incontro a Garbatella con il minisindaco Amedeo Ciaccheri. A Fanpage.it racconta come le amministrazioni comunali possono intervenire sugli effetti negativi del turismo di massa, a cominciare da mettere uno stop a Airbnb e agli affitti brevi.
A cura di Valerio Renzi
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La pioggia ha smesso di cadere, e mentre Roma fa i conti con i disagi, a Garbatella è spuntato un timido sole. Alla Villetta, storica sede della sinistra nella roccaforte rossa della città, si asciugano le sedie e si recupera il ritardo sul programma di Visionaria, il festival di cultura e politica diventato ormai un appuntamento fisso al rientro dalle ferie e alla ripresa dell'anno politico. Ospite del dibattito centrale della serata è Ada Colau, è l'ex sindaca di Barcellona. Da attivista per la il diritto alla casa a prima cittadina, oggi a cinquant'anni è più battagliera di prima se possibile, riuscendo a tenere insieme il calore della militante di base e la competenza e l'esperienza di chi ha governato a lungo una grande città. Il titolo dell'incontro è "Città senza paura", a fare gli onori di casa c'è Amedeo Ciaccheri, presidente dell'VIII Municipio, con lui Eleonora de Majo di Napoli Solidale e Alessandro Luparelli, consigliere comunale di AVS.

Oggi Roma affronta con il Giubileo alle porte l'impatto sulla città degli affitti brevi e del turismo di massa. In queste settimane vediamo studenti e studentesse che non riescono più a trovare una stanza, mentre gli affitti continuano a salire. Tutti questa estate parlano di overtourism, voi avete affrontato il problema…

Quando ho iniziato il mio mandato da sindaca, a Barcellona quello degli effetti negativi del turismo era uno dei principali problemi percepiti dalla cittadinanza. A tutti ci piace viaggiare, e ovviamente siamo contenti che tante persone arrivino nelle nostre città. Il problema è che come tutti i grandi fenomeni anche il turismo va governato. L'attuale modello di turismo globale è insostenibile, questo è un dato di fatto e vale per Roma come per Barcellona.

In alcuni quartieri c'erano più posti letto per turisti che per residenti, gli appartamenti illegali messi su Airbnb erano migliaia. L'impatto era particolarmente drammatico sulle politiche abitative, perché se gli affitti per i residenti scompaiono a favore degli affitti brevi, è chiaro che i prezzi salgono con l'offerta che scende.

Questi sono i guai che porta l'overtourism, ma come si possono governare? Magari anche il sindaco Roberto Gualtieri e la sua giunta possono prendere spunto…

Non si può chiudere una città, ma l'amministrazione pubblica può agire da regolatore per equilibrare alcuni fenomeni: se il mercato viene lascito libero non funziona. Quindi abbiamo fatto un piano regolatore per il turismo cosa che non si era mai fatta. Non sarebbe democratico mettere un check point all'ingresso e dire "tu puoi entrare", "tu non puoi entrare", ma possiamo stabilire quanti posti letto ci sono in città. Per questo abbiamo chiuso migliaia di appartamenti non in regola messi in affitto sulle piattaforme digitali, grazie a un'apposita task force. Queste case poi naturalmente sono tornate sul mercato per chi vive, studia, lavora a Barcellona. Siamo anche intervenuti sugli alberghi dicendo basta alle strutture ricettive in centro, perché in centro servono case abitate non nuovi alberghi. Siamo intervenuti anche sul commercio locale, con misure per garantire la diversificazione e la presenza dei negozi di prossimità, e non solo di souvenir.

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Il potere delle grande piattaforme è difficile da affrontare per un sindaco? È un po' Davide contro Golia?

Le piattaforme fanno enormi profitti non pagando le tasse dove accumulano ricchezza, e creano fenomeni di speculazione volendo aggirare le leggi locali. Abbiamo messo un tetto agli appartamenti turistici, trattando anche con Airbnb naturalmente. È stato però necessario mettere sul piatto una multa da mezzo milione di euro. Abbiamo anche costruito una rete di città con lo stesso problema, per scambiarci buone pratiche.  Con i colossi digitali in più si è trattare più facile, ci vuole creatività e per questo abbiamo inventato una specie di sindacalismo delle città.

Il municipalismo, l'idea che si possa cambiare la realtà a partire dalle città con pratiche democratiche e solidaristiche, è invecchiata in questi anni? Le città non hanno troppi pochi poteri per cambiare davvero le cose?

Le città hanno pochi poteri dal lato legislativo è vero, ma non è vero che non si può fare niente, io continuo a pensare il municipalismo come una dimensione necessaria per le sinistre. Quando siamo intervenuti sul turismo ci dicevano "comunisti", "sarà un disastro per l'economia della città", ora le nostre normative vengono studiate a Bruxelles e raccomandate dall'Europa. Le normative su gli sfratti sono di competenza nazionale, ma a Barcellona abbiamo bloccato migliaia di sfratti grazie a un servizio di mediazione e alla ricerca di soluzioni alternative. Ci dicevano che era impossibile. È chiaro che tutti i livelli sono importanti, neanche quello nazionale basta nel contesto della globalizzazione, ma la sinistra quando è al governo, a ogni livello, non può accontentarsi semplicemente di dire "non si può fare, non è nostra competenza".

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Indossi anche oggi, come ogni volta che intervieni in pubblico dall'inizio della guerra a Gaza una kefiah. Il rischio è che dopo un anno ci sia assuefazione alla guerra in corso?

La questione palestinese non è oggi una questione solo di solidarietà con un popolo che sta soffrendo l'occupazione e la violazione sistematica dei diritti umani. Oggi la causa della Palestina è la causa dell'umanità intera. Quello che stiamo vedendo andare in pezzi è l'intero sistema della legalità internazionale. Un sistema imperfetto, ma la cui delegittimazione ci mette tutti in pericolo. Non dobbiamo permettere che il genocidio di Israele con la complicità degli Stati Uniti vada avanti, per questo bisogna rompere a ogni livello i rapporti con lo stato d'Israele. Siamo convinti che la maggior parte degli europei oggi sia contro la guerra e contro il genocidio in atto. La virata a destra della politica continentale non aiuta, ma dobbiamo continuare a chiedere la fine del massacro.

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