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Ad un mese dal rogo dell’ospedale di Tivoli è emergenza per primo soccorso e Ostetricia

Ad un mese dal rogo che ha colpito l’ospedale di Tivoli, la situazione nei territori della Asl di Roma 5 è sempre più critica. “Pronto soccorso presi d’assalto. E il reparto di Ostetricia non esiste più”, dicono dal Comitato a Difesa dell’ospedale di Colleferro-Palestrina. “La fuga dei medici e il trasferimento dei macchinari cattivo segnale”, il commento della consigliera della Regione Lazio Eleonora Mattia nell’ultima interrogazione.
A cura di Beatrice Tominic
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La struttura dell'ospedale di Tivoli dopo l'incendio nella notte fra l'8 e il 9 dicembre 2023.
La struttura dell'ospedale di Tivoli dopo l'incendio nella notte fra l'8 e il 9 dicembre 2023.

Esattamente un mese fa prendeva fuoco l'ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli. Da quel momento la struttura, che rappresentava il centro di soccorso principale dell'Asl di Roma 5, è stata posta sotto sequestro e temporaneamente chiusa. All'indomani del rogo, sono stati presi provvedimenti emergenziali per garantire a cittadini e cittadine i servizi sanitari essenziali a tutti e tutte coloro che si servivano del nosocomio di Tivoli. Ma così non è stato.

Lo testimonia quest'ultimo mese in cui, al netto del periodo festivo che è conciso con quello del picco influenzale e dei contagi covid, i disservizi sono stati all'ordine del giorno. A sottolinearlo le interrogazioni a risposta immediata inviata al Presidente del Consiglio Regionale del Lazio dalla consigliera Eleonora Mattia sui pronto soccorsi saturi.

Ma i disagi non finiscono qui: con l'ospedale di Tivoli è stato chiuso anche l'unico reparto di Ostetricia del territorio obbligando le persone che necessitavano direttamente dei servizi a dover percorrere anche oltre 50 chilometri per una semplice visita.

"Le decisioni che ci riguardano vengono sempre prese a Roma, senza mai ascoltare il territorio – denunciano da tempo dal Comitato A Difesa dell'ospedale di Colleferro e
il Comitato Salute ed Ambiente Asl Rm5, due dei cinque poli ospedalieri gestiti direttamente dalla Regione Lazio nella zona est (e sud est) della capitale – Da anni proviamo a rivolgerci alle istituzioni, senza mai ottenere risposta. I sindaci ci ignorano. Da mesi chiediamo audizioni in Regione senza mai essere presi in considerazione: i disservizi c'erano già, ma con la chiusura dell'ospedale di Tivoli la situazione si è aggravata. Il muro è stato alzato tempo fa, il rogo a Tivoli è servito soltanto a puntare i riflettori sulla vicenda".

Rogo a Tivoli: servizi sanitari carenti per i 500mila abitanti coinvolti

"Quello di Tivoli rappresentava l'unico presidio Dea (Emergenza Urgenza e Accettazione, ndr) per circa 500mila abitanti, residenti in 70 comuni laziali – spiega a Fanpage.it Ina Camilli, la coordinatrice del Comitato A Difesa dell'ospedale di Colleferro-Palestrina – Già prima dell'incendio gli ospedali della Asl di Roma 5 risentivano di una cattiva gestione e amministrazione. Con il rogo la situazione è precipitata: mancano i posti letto per i pazienti, che vengono indirizzati nelle strutture private. E il reparto di Ostetricia non esiste più".

Il calvario del reparto di ostetricia nella Asl di Roma 5

L'unico reparto di Ostetricia rimasto nella Asl di Roma 5 era quello ospitato nell'ospedale di Tivoli. "Dopo l'incendio è stato soppresso e sospeso in tutta la Asl – spiega – Fino ad una quindicina di anni fa c'erano diversi reparti di Ostetricia e di Pediatria a Colleferro, a Palestrina e in tutta la Asl di Roma 5, ma a poco a poco sono stati tutti chiusi. Non per denatalità, ma per una scelta aziendale". Le ultime chiusure sono arrivate nel 2021. "I quattro reparti materno-infantili di Colleferro sono stati chiusi nel 2015 e trasferiti a Palestrina, ma sei anni dopo sono stati smantellati anche qui".

L'unico reparto di Ostetricia rimasto operativo era nell'ospedale di Tivoli: "Un solo reparto per 500mila abitanti a cui ogni anno si aggiungono milioni di visitatori occasionali – continua – Ma dopo l'incendio il reparto di Ostetricia è sparito ancora. Le donne devono andare a partorire fuori ASL, anche se a Palestrina ci sono 20 ginecologi, decine di ostetriche e il reparto di Pediatria". Ma, anche in questo caso, manca ancora qualcosa.

"Non c'è il reparto di Chirurgia Pediatrica da 0 a 18 anni: anche in questo caso si è costretti ad andare a Roma". Questo vuol dire spostarsi anche a più di 50 chilometri per le cure sanitarie: "Dei 70 comuni che usufruivano del polo ospedaliero di Colleferro-Palestrina, molti sono montani: i e le pazienti devono muoversi da casa propria e percorrere anche 60 o 70 chilometri prima di raggiungere il primo presidio disponibile".

Ennesimo affronto alle donne della giunta Rocca? "In generale questa giunta sta prendendo provvedimenti che sono stati duramente contrastati dalle donne, così come il governo, ma non è questo il caso – puntualizza Camilli – Da anni, fin dalla giunta Zingaretti, la situazione è drammatica: in entrambi i casi, ad esempio, si è preferito strizzare l'occhio alla sanità privata piuttosto che investire su quella pubblica".

Il progetto del Nuovo Ospedale Tiburtino.
Il progetto del Nuovo Ospedale Tiburtino.

Perché la soluzione non può essere costruire nuovi ospedali

La soppressione del reparto di Ostetricia non è l'unica conseguenza grave di quanto accaduto il mese scorso. La mancanza di investimenti nella sanità pubblica sta portando ad una crisi sanitaria territoriale sempre più preoccupante e più difficile da risolvere.

"Da tempo lamentiamo questa situazione: il rogo nell'ospedale di Tivoli ha soltanto aggravato e portato luce su una situazione che conosciamo bene e da tanto tempo – continua – Ma ogni volta che chiediamo aiuto alle istituzioni vengono avanzati nuovi progetti. Ci hanno detto che la risposta è il Nuovo Ospedale Tiburtino, ma come stabilito accoglierà i e le pazienti della zona di Roma Est. Che ne sarà della zona più a sud?", si chiede, dando voce agli interrogativi di tanti e tante cittadine della nostra Regione.

"Il sindaco di Colleferro ci ha parlato dell'ospedale della Valle del Sacco, ma anche questo è ancora soltanto un progetto su carta: e nel frattempo? Non vogliamo strutture nuove, ma pretendiamo che vengano rese operative, con macchinari e personale, quelle già esistenti. E nel minor tempo possibile. Per farlo ci siamo affidati ai sindaci, confidando che potessero trovare una risposta comune almeno ai 70 comuni coinvolti. Abbiamo scritto al Prefetto, al Direttore Sanitario. Abbiamo fatto una petizione, ma se continua così, se la Regione Lazio non sarà in grado di trovare soluzioni, deve intervenire direttamente il governo".

La situazione del pronto soccorso

La tensostruttura allestita il giorno dopo l'incendio del San Giovanni Evangelista e il pronto soccorso straordinario non bastano: "Ad oggi l'unico Dea riconosciuto nei territori dell'Asl di Roma 5 è quello dell'ospedale di Colleferro: noi chiediamo che venga reso definitivo – continua Camilli – Il territorio in cui viviamo è ricco anche di aziende a rischio incidente rilevante. Come può non essere una priorità? Vogliamo un programma di intervento chiaro. E che sia rispettato".

L'incendio nell'ospedale di Tivoli.
L'incendio nell'ospedale di Tivoli.

Il ricordo va alla situazione durante la pandemia: "Nell'aprile 2020 a Palestrina è stato allestito un reparto Covid: 100 letti sono stati destinati per quello. Perché si agisce sempre in sostituzione e mai in aggiunta?"

L'interrogazione a risposta immediata

Nei giorni scorsi è arrivata anche un'interrogazione a risposta immediata al Presidente del Consiglio Regionale del Lazio da parte della consigliera Eleonora Mattia, a seguito dei disservizi sul soccorso regionale: dall'attesa di tre ore per un'ambulanza alla stazione Termini ai numeri, sempre più alti, in attesa nei pronto soccorso della capitale e della regione Lazio. Soltanto alcuni dei disagi dell'ultimo mese.

E oggi, ad un mese esatto da quanto accaduto, è di nuovo la stessa Mattia a chiedersi che fine faranno i macchinari e il personale che lavorava nella struttura di Tivoli. "La mancata bonifica della struttura a un mese di distanza dall’incendio; la chiusura del reparto di Emodinamica, fondamentale per le patologie cardiache; la fuga di medici e il trasferimento di materiali e macchinari: sono tutti indicatori che non ci fanno ben sperare sulla celere riapertura dell’Ospedale di Tivoli promessa dal presidente Rocca – spiega la consigliera a Fanpage.it – Oltre a rivolgersi ad altre zone, come sta già accadendo, il rischio è che, soprattutto le fasce sociali più deboli, possano rinunciare alle cure".

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