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Accusa il capo di molestie sessuali: assolto. Le motivazioni: “Complessata da suo aspetto fisico”

Le motivazioni della sentenza di assoluzione delle presunte molestie scritte dalla stessa giudice per la quale per 10 secondi non è molestia: “Non si può escludere che mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente”.
A cura di Redazione Roma
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Ancora una sentenza di un tribunale per un'accusa di molestie sessuali destinata a far discutere per le sue motivazioni. A Roma il collegio presieduto da Maria Bonaventura, la stessa giudice della sentenza del bidello che non avrebbe commesso una molestia sessuale nei confronti di un'alunna perché la palpazione sarebbe durata "solo per dieci secondi", questa volta sottolinea come le molestie denunciate da una dipendente di un museo da parte di un suo superiore, possano essere stata male interpretata a causa dei sui supposti "complessi".

Si legge nelle motivazioni riportate dal Corriere della Sera: "Alla luce di tutte le considerazioni qui svolte non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente".

La denuncia della giovane dipendente era stata presentata nel 2021, ma i primi approcci dell'uomo secondo quanto raccontato risalivano al 2019 poche settimane dopo l'assunzione. Prima le frasi a sfondo sessuale, le battute pesanti, poi le presunte molestie sessuali. In una prima occasione l'avrebbe afferrata cominciando a palpeggiarle i fianchi, la schiena e la pancia, poi in "l’uomo la afferrava da dietro e iniziava a palpeggiarle i fianchi e la pancia quindi, appoggiandosi a lei, le sniffava i capelli e sussurrava ansimando". Nella terza occasione denunciata dopo una cena aziendale "iniziava a toccarla sul seno, sulla pancia, sui fianchi e sul sedere, a leccarla e a morderle le orecchie fino a quando le infilava la lingua in bocca". Determinanti per l'assoluzione le testimonianze dei colleghi e delle colleghe della donna, che hanno ridimensionato le "attenzioni" del manager verso la subordinata.

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