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Accademia Belle Arti di Roma, lavoratrici in mobilitazione: “Precarie da anni, vogliamo risposte”

Precarie da anni, le tecniche di laboratorio dell’Accademia delle Belle Arti di Roma chiedono delucidazioni sulla loro stabilizzazione. Il Ministero dell’Università e della ricerca ha messo a disposizione otto posti: troppo pochi, dato che le figure interessate sono sessanta. Per la maggior parte di loro, la regolarizzazione continuerà a rimanere una chimera. La direttrice: “Fosse per noi assumeremo tutti, ma siamo vincolati alle direttive ministeriali”.
A cura di Natascia Grbic
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Foto da Wikipedia
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"Siamo tutte ex studentesse che poi sono rimaste a lavorare come tecniche di laboratorio di Grafica d’arte, un lavoro altamente qualificato che abbiamo appreso con il passare del tempo. Per anni abbiamo prestato servizio a partita Iva nonostante avessimo un orario di lavoro e un badge. Avevamo orari, turni, le nostre ore dovevano essere firmate da un professore. Un lavoro che abbiamo svolto con passione, configurato come autonomo ma che in realtà era pienamente subordinato, e che abbiamo accettato forse sbagliando, con la speranza che a un certo punto sarebbe arrivata la stabilizzazione. Non è andata così". A parlare, in un'intervista rilasciata a Fanpage.it, è Giulia, tecnica di laboratorio dell'Accademia delle Belle Arti di Roma. A ottobre le è stato mandato un messaggio in cui le si comunicava che il rapporto sarebbe stato interrotto. Oltre a lei, lo stesso messaggio è arrivato ad altre colleghe, incredule sia per quanto accaduto, sia per le modalità di comunicazione.

"Al di là delle situazioni specifiche, molte colleghe hanno lavorato all'Accademia per diversi anni. Pensavamo ne tenessero conto. A ottobre è uscito un decreto del ministero che metteva in organico la nostra figura, prima non riconosciuta. Credevamo che si partisse quindi con le stabilizzazioni, ma non è successo nulla di tutto questo: e, anzi, alcune di noi sono state mandate via. Ci siamo rivolte al sindacato Clap, in modo da capire come comportarci. E abbiamo mandato una lettera: la loro risposta è stata quella di riprenderci tutte, ma a partita Iva. Io, però, amareggiata da tutta questa situazione, personalmente ho deciso di non rientrare". A farla da padrone, dopo anni di impegno è dedizione, è sicuramente lo sconforto: il sapere che il contratto indeterminato non è affatto dietro l'angolo, e che la precarietà continuerà a far parte della quotidianità. Per questo alcune di loro, nonostante le alte qualifiche, hanno deciso di lasciare: "Non è un lavoro che si apprende con facilità: e questo continuo ricambio non è un qualcosa che fa bene a studenti e Accademia".

Ciò che le lavoratrici chiedono, anche attraverso una lettera aperta inviata nei giorni scorsi alla comunità accademica, è perché non sia stato ancora avviato il processo di stabilizzazione. "Il decreto è uscito a ottobre – ci spiega Elisa, un'altra delle tecniche prima allontanate e poi riassunte – ma per ora non abbiamo saputo nulla riguardo il bando. Troviamo incredibile non aver ancora avuto rassicurazioni circa il nostro futuro: sono anni che lavoriamo a partita iva pur essendo di fatto dipendenti, e comunque abbiamo sempre fatto il nostro dovere. Ma adesso pretendiamo delle risposte".

Direttrice ABA: "Non decidiamo noi, ma il Ministero"

"I tecnici di laboratorio non erano figure previste dall'organico dell'Accademia, e finché il Ministero non fa un decreto, non possiamo farli entrare come lavoratori stabili – spiega la direttrice dell'Accademia di Belle Arti, Cecilia Casorati, contattata da Fanpage.it – La sede di Roma, che in questo è virtuosa, è stata una delle pochissime che ha fatto contratti a sessanta tecnici: un numero alto, per il quale ha speso di tasca propria cifre ingenti. Per quanto riguarda le collaborazioni a partita iva e co.co.co: non è colpa nostra. Questo possiamo fare, perché non si possono fare contratti di collaborazione continuativa".

Sulle stabilizzazioni, Casorati dichiara che "è vero che esiste un decreto ministeriale che mette in organico i tecnici di laboratorio: ma il bando noi lo possiamo far uscire solo dopo che il Ministero manda una lettera in cui si decreta che esistono posti in organico. Questa lettera è arrivata appena venti giorni fa. Nessuno ce l'ha con loro: alcuni non erano stati richiamati perché non avevamo i fondi per farlo, quindi ho detto ai professori di chiamarne una metà nel primo semestre e una metà nel secondo".

C'è poi un problema: i posti messi a disposizione dal Ministero sono otto. All'Accademia di Belle Arti i tecnici sono sessanta. Questo vuol dire che in ogni caso non sarebbe possibile assumere tutti, e che una parte o sarà comunque allontanata, oppure, nel caso dovesse rientrare, sarà sempre a partita iva. Insomma, la precarietà non è finita. "I posti certamente sono pochi, non piace nemmeno a noi questa cosa, ma faremo quel che si può – conclude Casorati – dobbiamo non perdere di vista il fatto che lavoriamo per gli studenti, sono loro la nostra priorità. Sarà comunque mia premura, una volta definito meglio il tutto, incontrare al più presto le lavoratrici e discutere con loro della situazione: la mia porta è sempre stata aperta".

Il sindacato: "Precarietà nella PA, non una novità"

"La vicenda che coinvolge le tecniche di laboratorio dell'Accademia di Belle Arti di Roma non è purtroppo un'anomalia – commenta Emanuele De Luca, del sindacato Clap – La precarietà nella Pubblica Amministrazione è una realtà da molti anni e già in passato abbiamo incontrato situazioni simili. Questo sicuramente dipende dai continui tagli, in particolare in settori strategici come quello dell'università e della ricerca; vengono di fatto a mancare coperture economiche adeguate sia a stabilizzare il cosiddetto precariato storico sia a inserire nuove professionalità nell'Amministrazione. È proprio sulle professionalità che vorrei soffermarmi, perché questo meccanismo di continua precarietà non fa altro che disperdere energie. Per anni la PA forma personale altamente qualificato senza fare nulla per tenerselo e senza fornire prospettive concrete. Ciò fa sì che lavoratrici e lavoratori, anche giustamente, cerchino stabilità altrove. Ci auspichiamo che l'Accademia si renda disponibile al dialogo, incontrandoci e ascoltando le istanze delle lavoratrici e dei lavoratori che da anni contribuiscono in maniera decisiva al funzionamento della stessa, pur essendo formalmente solo collaboratori a tempo determinato".

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