A Tor Bella Monaca c’era un parco giochi dove potevano entrare solo i figli dei pusher
A via dell’Archeologia non c’è una farmacia, non c’è un negozio, un’officina, un cinema, non c’è nemmeno un bar. Eppure nel quartiere di Tor Bella Monaca, nel quadrante est di Roma, vivono 28.000 persone, molte di queste proprio su via dell’Archeologia che divide le case popolari del comune di Roma da quelle della Regione Lazio. Una lunga via di palazzi ingialliti dal tempo, figli di uno degli ultimi progetti di edilizia popolare visti dalla Capitale. Opera del sindaco Petroselli, che non riuscì a vederli ultimati. Abitare qua è spesso percepito come uno stigma, un po' come dire "sono di Scampia". Perché nell'immaginari collettivo questa spina di caseggiati è sinonimo di illegalità e spaccio.
Oggi Tor Bella Monaca, era piena di polizia, carabinieri, guardia di finanza, Vigili del Fuoco e Polizia di Roma Capitale. Un blitz con 600 uomini, iniziato alle 4.30 di mattina e andato avanti per più di 8 ore, che ha portato all’arresto di 20 persone e al controllo di seminterrati, appartamenti e rimozione di strutture abusive. “Mi sono svegliato questa mattina con il rumore degli elicotteri, poliziotti con il passamontagna e un gran baccano. Ho visto cani antidroga che entravano nel palazzo vicino e due persone che venivano portate via” dice L. Che vive in uno dei palazzi con affaccio sulla piazza di spaccio.
Vediamo un triangolo di verde recintato. All'interno un vero e proprio parchetto abusivo: una griglia per accendere la brace, un gazebo, giochi per i bambini, una porta per giocare a pallone. “Vedi qua, hanno tolto tutte le reti che gli spacciatori si erano piazzati per far giocare i propri figli, entravano solo i loro figli” dice A. Che non vuole far sapere il proprio nome tantomeno essere ripresa o fotografata, “sai io qua ci vivo e vorrei cercare di non avere problemi”. È contenta A. Perché l'operazione ha portato anche un po’ di pulizia: con le forze dell'ordine sono arrivati anche gli uomini e i mezzi di Ama e del Servizio Giardini. “Hanno finalmente ripulito questo pezzo di quartiere, fino a ieri c’erano mobili abbandonati e immondizia che arrivavano quasi al primo piano del mio palazzo”.
Torbella, come viene chiamata da tutti a Roma, non è solo una grande piazza di spaccio della Capitale, ma è anche la casa di molti cittadini che non hanno nulla a che vedere con la criminalità e vivono quotidianamente la prevaricazione degli spacciatori sulla propria pelle.
Quando il blitz è ormai finito e le autorità hanno sfilato per le foto di rito rimane qualche camionetta del reparto celere, un’inviata di un telegiornale nazionale e la Polizia di Roma Capitale a fare da sfondo alla diretta televisiva. Non c’è nessuno disposto a parlare, se non di straforo, nascosto dagli occhi di chi vive nella zona. Lo chiamano il Ferro di Cavallo, una piazza incastonata tra due palazzi a forma di L con al centro un piccolo campo da calcetto dove i ragazzini giocano a calcio.
Dall’altra parte, distanti dagli occhi degli ultimi poliziotti rimasti, alcune vedette si aggirano nervose davanti ai palazzi ingialliti. “Stanno lì tutto il giorno, controllano che non arrivi la polizia o qualcuno di sospetto, altri spacciano, un supermarket a cielo aperto che ha adolescenti come cassieri”, dice C. inquilino senza titolo e dal ’93 in attesa di regolarizzazione. Ed infatti basta avvicinarsi un po’ per essere scrutati e seguiti. Un controllo del territorio che lo stato si sogna di avere in questo quadrante. Un controllo che ha provato a riguadagnare oggi, con un’operazione in grande stile che molti ritengono essere l’ennesima azione a favor di telecamere.
“Sono 40 anni che vivo qui, ne ho visti tanti di blitz, purtroppo il giorno dopo torna tutto come prima. Qui manca un tessuto sociale, non c’è nulla, nulla! È facile entrare nel giro della malavita, ti danno 50€ per fare la vedetta” dice B., soldi facili in un posto dove servirebbe lavoro e welfare. “Perché lo stato non è solo forze dell’ordine, lo stato è anche creare un tessuto sociale, far sentire la propria presenza, non con gli scarponi e i manganelli, ma con l’integrazione. Se non hai alternativa, il crimine diventa per alcuni l’unica opzione. Va fatto un lavoro costante nel tempo.”.
Adesso Torbella sembra quasi un altro quartiere, le strutture abusive rimosse, l’erba tagliata e l’immondizia rimossa e, se non fosse per le vedette che a pochi metri gironzolano ancora indisturbate. "Vediamo a questo giro quanto dura", dicono i residenti.