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A Roma il Festival Saudita, Noury (Amnesty): “Se fossi Gualtieri farei contro evento sui diritti umani”

A Roma arriva il Saudi Village, evento di promozione dell’Arabia Saudita: “Come si può ospitare uno Stato che viola i diritti umani? – dichiara a Fanpage.it Riccardo Noury (Amnesty International) – Se fossi sindaco, organizzerei un altro evento per parlare dei lati oscuri dello Stato”.
A cura di Beatrice Tominic
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La locandina dell'evento a sinistra, Riccardo Noury a destra.
La locandina dell'evento a sinistra, Riccardo Noury a destra.

I sauditi sbarcano a Roma, a Villa Borghese: è qui che dal 25 al 29 settembre si tiene Saudi Village, evento che viene presentato come un'occasione unica per immergersi nei colori, le tradizioni e i sapori dell'Arabia Saudita. L'appuntamento, previsto nella splendida cornice di Casina Valadier, ha suscitato numerosi interrogativi, soprattutto in vista della scelta della città ospitante di Expo 2030. Oltre a Roma, a concorrere per l'ambito titolo, anche Riad, la capitale dell'Arabia Saudita: quanto può essere conveniente per la nostra Capitale ospitare un evento di promozione del genere?

"Colori, tradizioni, sapori: manca il tema dei diritti – commenta a Fanpage.it il portavoce di Amnesty Internationale Italia Riccardo Noury – Questo serve per nascondere la situazione catastrofica dei diritti umani che c'è in Arabia Saudita e si inserisce in una politica di marketing aggressiva. Se fossi il sindaco di Roma, organizzerei un evento negli stessi giorni per parlare di diritti umani".

I diritti umani negati in Arabia Saudita

"Con eventi di questo genere l'Arabia Saudita mira a promuovere se stessa come uno Stato moderno, ospitale, aperto al mondo, impegnato nelle riforme che proietta per se stessa un ruolo di leadership: non a caso, entrerà a far parte dei Paesi Brics (blocco dei Paesi emergenti che comprende Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, ndr) – continua a spiegare Noury – Anche questo evento fa parte della strategia di marketing aggressiva di politica estera dell'Arabia Saudita, che mostra solo il lato che le conviene, nascondendo la situazione tragica sul piano dei diritti. Stiamo parlando di un Paese dove le persone vengono impiccate ogni giorno, dove gli utenti di Twitter sono condannati a morte e le utenti, invece, a decine di anni carcere soltanto perché hanno osato parlare dei diritti delle donne nei loro post".

Dall'inizio del 2023 in Arabia Saudita si contano 196 condannati a morte nel 2022, di cui almeno 57 per reati di droga e 81 in un'unica giornata; già 100 impiccagioni nel 2023. I difensori dei diritti umani vengono trasferiti in carcere, la repressione politica contro la minoranza sciita della Provincia orientale viene esercitata con la pena di morte. Gli ex detenuti non possono testimoniare perché sono tutti sorvegliati a vista e minacciati di essere di nuovo reclusi se parlano con la stampa con pena aggiuntiva di espatrio. E non ci sono ancora condannati per l'omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi ucciso 2 ottobre 2018: mandanti ed esecutori, fra cui un ex guardia reale, sono ancora tutti impuniti.

La proposta: un controevento per parlare di diritti

La cinque giorni viene presentata come un evento per tutta la famiglia, prevista anche di area giochi per i più piccini. "Il loro scopo è quello di fare in modo che partecipi un pubblico più ampio possibile, ma sarebbe opportuno che negli stessi giorni venisse trovato spazio anche per parlare di diritti, immagino che non sarà possibile farlo al Saudi Village – propone Noury – Ma magari con un'altra iniziativa organizzata anche al livello istituzionale. Se fossi il sindaco, lo farei. Ma intanto sono disposto a partecipare".

Expo 2030: "Sarebbe l'ennesimo premio immeritato"

L'evento di promozione dell'Arabia Saudita, inoltre, viene organizzato in un periodo caldo per la Capitale: "Si tratta di due candidature opposte per Expo 2030: siamo sempre molto ospitali e generosi, ma dobbiamo ricordarci che c'è il rischio che la candidatura di Roma perda nei confronti di Riad, già appoggiata dalla Francia e da molti altri Stati", ha continuato Noury.

"Se i diritti umani non trovano spazio perché l'interesse di tutti i vari steakholder istituzionali, della comunicazione, dello sport è deviato su altro sarà sempre più difficile – continua Noury – E chiunque abbia un'interlocuzione istituzionale con i sauditi per contribuisce a questa operazione di ripulitura dell'immagine: diplomatici, politici, calciatori e giocatori che si trasferiscono lì, eventi sportivi, incontri internazionali, attività turistiche e anche con iniziative di questo tipo". Non solo Expo 2030, il riferimento è anche a COP28 negli Emirati Arabi Uniti e in Egitto, ma anche ai mondiali di calcio in Qatar. "Perché organizzare un evento come Expo in un contesto nel quale la libertà di manifestare non è consentita?"

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