A Roma Coop passa a Tigre: “Lavoratori trattati come merce da discount, meno li paghi meglio è”
I supermercati Coop della catena Distribuzione Roma Srl, controllata da Coop Alleanza 3.0, passeranno sotto l’insegna Tigre. Il passaggio dei primi tre punti vendita è fissato per il 17 aprile e riguarderà i supermercati di via Gregorio VII, Largo Tuscolo (Cerenova) e Via Cesare Pavese. Mai punti vendita coinvolti nell’operazione sono in tutto 54 e verranno tutti ceduti a una società di Ascoli Piceno, la Magazzini Gabrielli Spa.
Lo scorso 4 aprile si è tenuto il primo incontro tra le aziende e i sindacati, Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs di Roma e Lazio. Un incontro che, come spiega la segretaria regionale Uiltucs Roma e Lazio Roberta Valenti, «non è andato benissimo».
La Magazzini Gabrielli Spa, infatti, «si è presentata al tavolo con una bozza di ipotesi di accordo molto sommaria e poco rassicurante in termini di tutele per i lavoratori», spiega ancora Valenti.
I lavoratori e le lavoratrici coinvolti nel passaggio in ramo d’azienda sono 800. Si tratta, dunque, di un’operazione importante in termini quantitativi.
Quali tutele per i lavoratori
Le garanzie e le tutele sulle quali chi lavora in questo comparto, al 70 per cento donne, poteva contare fino a qualche anno fa, oggi sono un pallido ricordo e rischiano di diventare un miraggio. Ci sono una serie di elementi strutturali che pesano sulla vita dei lavoratori della grande distribuzione italiana. Il primo è evidente nel dato di concentrazione che continua a incrementare il suo peso, con i primi cinque retailer che oggi presidiano il 57,5 per cento del mercato. Prima della pandemia era il 52,8 per cento: una marcia che pare inarrestata e inarrestabile, ancora lontano dai dati di Germania, Francia e Gran Bretagna, ma in sorpasso rispetto alla Spagna. Se si aggiungono le conseguenze del conflitto e le implicazioni inflattive il mix è esplosivo: il rischio è quello di perdere il controllo su un pezzo importantissimo del tessuto produttivo.
Nel caso specifico del passaggio dei supermercati a marchio Coop sotto quello Tigre, le questioni che preoccupano lavoratori e parti sindacali sono diverse. La prima è che Magazzini Gabrielli Spa ha intenzione di cambiare i termini normativi contrattuali: i lavoratori passerebbero dal contratto della distribuzione cooperativa, applicato finora dalla srl Distribuzione Roma, a quello della Distribuzione moderna organizzata (Dmo), che applica Federdistribuzione. Entrambi i contratti sono stati siglati dai sindacati confederati, ma nonostante questo dettaglio il primo è preferito al secondo.
I due contratti prevedono trattamenti diversi su vari punti: «Una su tutte è la malattia: è diversa, ci sono delle penalizzazioni», precisa Valenti. Ma i lavoratori perderebbero tutele anche su ferie e permessi.
Come spiegato in modo più dettagliato dall’operatore sindacale Fisascat-Cisl Roma, Carlo Bravi, la richiesta di armonizzazione avanzata dagli organi sindacali fa leva su due punti sensibili presenti all’interno dei due testi contrattuali, ma trattati in maniera completamente distinta, vale a dire l’indennità di malattia e il comporto di malattia, ovvero le assenze per motivi di salute nel corso dell’anno solare. «Il contratto della distribuzione cooperativa prevede il pagamento della malattia al cento per cento e il comporto per malattie non croniche sine die, che equivale alla conservazione del contratto di lavoro fino a guarigione. Al contrario, il contratto della distribuzione moderna organizzata prevede eventi per malattia e che il comporto duri sei mesi nel corso dell’anno solare, ragion per cui la condizione dei lavoratori peggiorerebbe», spiega Bravi, che precisa: «Il contratto della Dmo prevede il pagamento al cento per cento solo per i primi tre giorni dei soli primi due eventi di malattia; per il terzo al 66 e per il quarto al 50 per cento. Inoltre, dal quarto al ventunesimo giorno il pagamento scende al 75 per cento».
Secondo Bravi, il motivo di una differenza tale nelle due formule contrattuali è da ricercarsi nella storia delle due società coinvolte: da un lato la Cooperativa, da sempre sensibile e attenta a determinate tematiche; dall’altra un’azienda che sta sul mercato e che agisce in base determinate logiche. «Credo infatti che quello che sta avvenendo stia penalizzando la Coop, perché la gente, che sia un cliente o un socio, è molto sensibile e si aspetta, dunque, una certa sensibilità dall’altra parte», dice Bravi.
Alla richiesta dei sindacati, la risposta azienda è stata che chiara: la Magazzini Gabrielli Spa applica il contratto di Dmo e avrebbe difficoltà a differenziare questa formula. «Pur comprendendo che è difficile che in un’azienda ci pissono essere due strade per la stessa questione – prosegue Bravi – continuiamo a pensare che dobbiamo armonizzare quello della distribuzione cooperativa, perché un conto è provenire da un’azienda che garantisce certe tutele e un conto è essere assunto direttamente dalla Magazzini Gabrielli. Comprendiamo che la questione non sia di semplice risoluzione, ma non abbiamo intenzione di cedere».
Lavoratori come prodotti
Nel continuo domino che interessa la Grande distribuzione italiana passare da un marchio a un altro dovrebbe significare – in base all’articolo 2112 del Codice civile – mantenere i rapporti di lavoro precedenti e i diritti dei lavoratori. Tuttavia, i nuovi proprietari, il più delle volte, stravolgono le vite dei dipendenti, mettendoli nelle condizioni di rinunciare al lavoro, con tassi di dimissioni volontarie mai così alti. Dato, questo, confermato proprio da una lavoratrice, Valentina Giansanti, coinvolta in prima persona nella cessione in corso tra Distribuzione Roma srl, controllata al 97 per cento da Coop Alleanza 3.0, e Magazzini Gabrielli Spa.
Giansanti, che nel punto vendita di Largo Tuscolo a Cerenova, in provincia di Roma, è addetta al reparto casse, spiega: «Ci sono persone che provengono già da un terzo cambio, quindi è un successivo e ulteriore cambio aziendale con tutto quello che poi vuol dire perdere quelle che sono delle piccole tutele dei CCNL nazionali. Speriamo almeno che per i prossimi dieci anni sia l’ultimo».
Una notizia, quella della cessione, che ha rovinato la Pasqua a decine di famiglie, decisamente preoccupate e afflitte dai dubbi in vista del futuro, in particolare chi abita lontano dal posto di lavoro e rischia di subire importanti cambiamenti in termini di orari e turnazioni. «Molti colleghi, negli anni, proprio a causa della distanza sono stati costretti a licenziarsi. Inoltre, anche in questo caso non si è minimamente parlato dell’organizzazione del lavoro nei punti vendita da parte del Gruppo Gabrielli», precisa Giansanti. Nel supermercato di provincia in cui lavora, a due passi dal mare, i dipendenti sono in tutto 18, più due contratti somministrati in scadenza a maggio 2023.
La Coop di Cerenova sarà tra le prime tre a essere cedute il 17 aprile: «I passaggi sono stati raggruppati insolitamente in 3-4 unità lavorative, organizzate come se fossero tutti dei singoli rami d’azienda: uno spacchettamento che non porta certo a buoni pensieri», ammette Giansanti.
Lei e i suoi colleghi, infatti, non sono nuovi a bufere di questo tipo: dal 2010 a oggi, vengono venduti, acquistati e rivenduti al pari dei prodotti che offrono: «Sono stati tutti e tre dei 2112 sofferti, iniziando dal 2010 con il fallimento del Gruppo Mercurio Spa sotto il marchio Sidis, siamo stati poi acquistati da gruppo Tuo Spa, sotto il quale siamo rimasti fino al 2013. Dopodiché siamo stati nuovamente venduti e ci ha acquistato una bella srl controllata da Coop. Dire che ci ha acquistato Coop no, perché siamo stati sempre lavoratori di serie B: in dieci anni non ci è mai stato applicato un contratto di secondo livello, una cosa di cui Coop si vanta su ogni testata, a partire dalle pubblicità che si vedono in tv», dice senza nascondere una certa amarezza Giansanti: «Per me Coop è il negozio di casa, era un piacere e un orgoglio lavorare per Coop, quindi è una delusione anche a livello morale, perché quando credi in un concetto cooperativo e poi ti trovi in una situazione del genere, ti senti tradito, oltre che come dipendente, anche come persona, soprattutto quando hai sempre messo in evidenza le qualità e caratteristiche del marchio», conclude.
Il rischio di un’ulteriore frammentazione
La segretaria regionale Uiltucs Roma e Lazio Roberta Valenti non crede che un accordo con la subentrante sia così probabile: «La garanzia che noi chiediamo, al di là della tutela sul passaggio, sui contratti di lavoro individuali e collettivi, è l’orizzonte, che non ci è chiaro». La Magazzini Gabrielli Spa ha infatti 50 punti vendita diretti e 200 in franchising, circa il 75 per cento dei negozi. Il timore delle parti sindacali, Filcams, Fisascat e Uiltucs di Roma e Lazio, e dei lavoratori è che la società possa cedere in futuro i punti vendita a piccoli imprenditori locali. «Una cosa che non è stata esclusa durante il primo incontro e che è presagibile», afferma Valenti. «Perché adesso noi sappiamo che il gruppo garantisce il contratto Federdistribuzione, ma alla fine di questo percorso dove andranno a finire in termini di applicazione contrattuale questi lavoratori, se non facciamo subito, oggi, le regole d’ingaggio?», chiede retoricamente la segretaria.
Un timore condiviso anche da Carlo Bravi di Fisascat-Cisl Roma, che afferma: «Non inventiamo nulla, ci sentiamo obbligati a fare un ragionamento in questo senso, perché la Magazzini Gabrielli Spa sviluppa normalmente la sua rete in franchising o affitto dei punti vendita. Poi è chiaro che la controparte si giustifichi dicendo che il mercato è variabile e non può prevedere il futuro, ma è proprio per questo che noi vogliamo che l’azienda faccia delle dichiarazioni, magari un accordo che tuteli un po’ di più i lavoratori, perché la legge è scarna da questo punto di vista». Se il Gruppo Gabrielli decidesse di agire come fa “normalmente” e quindi decidesse di procedere con un’ulteriore cessione a piccoli “padroncini”, per i lavoratori vorrebbe dire un’ulteriore riduzione delle sicurezze garantite dai contratti nazionali in favore di contratti pirata.
L’incontro dell’11 aprile è stato fissato proprio con l’intenzione di chiarire questo punto, ma al momento non ci sono certezze su come si svilupperà la cessione. «Se non riusciamo a condividere un accordo che garantisca ai lavoratori un percorso e usciamo di lì senza un accordo e subendo, sostanzialmente, l’operazione, è chiaro che ci riserviamo di agire per la tutela del caso dei lavoratori. In che modo lo stabiliremo insieme, con i lavoratori e le altre sigle sindacali», conclude Valenti.