A Roma ci sono 65 milioni di sampietrini
"Allustra li serci" vai serenamente a zonzo e goditi le bellezze di Roma. È uno dei consigli che senti dai romani sul come vivere le strade della Capitale, se possibile, in una giornata libera da lavoro e da impegni e in compagnia di amici o i propri cari. Il detto romano rende centrale il ruolo del "sampietrino" o "sanpietrino" come la rappresentazione della bellezza artigianale della pavimentazione delle strade di Roma: da piazza San Pietro a piazza Navona. In città ci sono 65 milioni di sampietrini secondo il Campidoglio. Un numero che equivale a circa 100 km lineari di strade, per una superficie che si ritrova distribuita su 800 strade della città di Roma.
Croce e delizia dei cittadini. I cosiddetti "serci" sono forieri d'incidenti, cadute e danni ai veicoli, fanno disperare gli ammortizzatori dei romani e sono pronti anche a far inciampare il malcapitato di turno dove ogni giorno camminano migliaia di turisti e in estate milioni di persone arrivano da ogni parte d'Italia e del mondo per assistere ai concerti.
Perché se ne parla ora? Il lavoro di riordino del selciato capitolino
A metà aprile termineranno i lavori per la riqualificazione dei sampietrini in vista del Giubileo per una spesa che equivale a 300 mila euro di fondi comunali. Un lavoro avviato dalla giunta Raggi e che risulta necessario per una serie di motivi. Il primo problema è legato al lastricato. Sono stati tolti oltre 62 mila sanpietrini così da poter svolgere la sistemazione del fondo delle strade e che saranno poi riposizionati con tecniche per garantirne la stabilità. Il secondo problema riguarda le radici degli alberi che avevano distrutto i marciapiedi, ora in fase di sistemazione insieme ai cigli stradali. Il terzo problema è la scelta tra sampietrino e asfalto per il riordino delle pavimentazioni di Roma.
In alcune zone di Roma si lavora alla manutenzione dei selci per riqualificare la strada e per consentire anche il rifacimento del sottofondo. Quando vengono staccati i sampietrini dalla strada vengono puliti con un piccone per togliere terra e catrame, e rimessi a nuovo per il loro riutilizzo dove le strade lo permettono. Questi lavori rientrano quindi nella riqualificazione delle pavimentazioni storiche, iniziata a novembre da via dei Corridori vicino al Vaticano: una spesa di 31 milioni di euro per 14km di viabilità. Come ad esempio, il cantiere su Clivo dei Publicii, la via che dal Circo Massimo porta all'Aventino, che prevede il reimpiego di 50 mila sampietrini e l'addio all'asfalto per il suo risanamento. I selci ritornano anche in via di Santa Sabina, piazza Pietro d'Illiria, piazza dei Cavalieri di Malta, via dell'Ara Massima di Ercole e via San Bonaventura.
Infine ci saranno aree dove, invece, ci sarà una rinuncia ai ciottoli a favore dell'asfalto perché sono zone troppo trafficate dai mezzi pubblici come in via Marmorata, via della Piramide Cestia, via Crescenzio e piazza di porta San Paolo.
Perché si chiamano così?
I "Sanpietrini" o "Sampietrini" si chiamano così perché i primi furono messi appunto nel Cinquecento in piazza San Pietro a Roma, di cui sono diventati anche un simbolo. All'epoca l'obiettivo era ottenere un selciato uniforme e compatto, in grado di essere levigato dall'attrito dei carri e far scivolare meglio le carrozze. E c'è stato anche chi scrisse un manuale su questa tecnica di pavimentazione, l'autore Guido Blado Foglietta: "Il discorso sul mattonato e selciato di Roma".
Poi, nel Seicento i sampietrini vennero utilizzati in tutta la città e la diffusione delle carrozze, con l'attrito logorante delle ruote, ne determinò il successo con una messa in opera che generò un nuovo artigianato praticato dai "serciaroli". "Asso de coppe", "Tripicchia", "er Gallo", "Mandrella", "er Vaccaretto" sono i soprannomi in romanesco degli artigiani che collocavano i ciottoli uno vicino all'altro e li battevano poi con forza con il mazzapicchio – un martello di legno, poi diventato di ferro – per bloccare il cubetto di selce nella sabbia gettata sul fondo della strada.