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A Rebibbia i cittadini immaginano la sanità di prossimità: “Ci prendiamo cura di tutti”

Un microdistretto sanitario che comprenda i quartieri di Rebibbia, Ponte Mammolo e Casal dei Pazzi. Questa la proposta di associazioni, cittadini e realtà sociali in vista della riapertura di Villa Tiburtina.
A cura di Natascia Grbic
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Un microdistretto sanitario che comprenda i quartieri di Rebibbia, Ponte Mammolo e Casal dei Pazzi. Un progetto pilota che coinvolga un totale di 25/30mila persone, sul modello di quanto già avviene a Trieste e a Salerno. Una sperimentazione avviata negli ultimi anni e che realtà e associazioni operanti nel quadrante di Roma nord-est propongono sia replicato anche nella periferia romana. "A Maggio 2025 è fissata la ‘fine lavori' per la ristrutturazione edilizia di Villa Tiburtina – spiegano gli attivisti – Crediamo sia arrivato il momento di allargare questo esperimento e renderlo un modello, un progetto pilota: creare un microdistretto per la pianificazione socio-sanitaria che abbracci i quartieri di Rebibbia, Ponte Mammolo, Casal dei Pazzi e comprenda tra le 25.000 e le 30.000 persone. Un’entità amministrativa più piccola di un municipio, che possa garantire una vera pianificazione partecipata dei servizi socio-sanitari di prossimità coinvolgendo tutto il territorio".

Punto di partenza per l'elaborazione di questo distretto, illustrato in un documento realizzato dalle varie associazioni che operano nelle zone di Rebibbia e Ponte Mammolo, è proprio la riapertura di Villa Tiburtina, struttura sanitaria che per anni è stata abbandonata e inutilizzata. Sin dalla pandemia associazioni e residenti hanno chiesto con forza la ripresa delle attività: a ottobre dello scorso anno, finalmente, sono cominciati i lavori, che dovrebbero concludersi tra un paio di mesi. Dal 2021, una grossa mano è stata data dallo Sportello Sanitario Mammut, che in quattro anni ha preso in carico oltre 300 persone che avevano difficoltà ad accedere alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale. Il motivo? L'impossibilità di fare una visita in tempi decenti, ma anche il mancato rispetto della priorità segnato sulle ricette. L'istituzione di una Casa di comunità servirebbe proprio a questo: alleggerire il peso sul Ssn, ma soprattutto facilitare la vita delle persone che, proprio a causa di lungaggini e burocrazia, spesso rinunciano a curarsi.

"Affinché il nuovo modello di assistenza funzioni, è necessario un profondo cambiamento nell'approccio delle istituzioni (ASL, Distretti, Comuni e Municipi) nei confronti del territorio – spiegano le associazioni nel documento – Questo cambiamento non riguarda solo la garanzia di servizi accessibili e umanizzati, evitando ai cittadini percorsi burocratici complessi per ottenere prestazioni sanitarie. La vera trasformazione consiste nell'accettare che un'assistenza di prossimità non può prescindere da un dialogo aperto e continuo con la popolazione, superando le rigidità burocratiche". Uno dei problemi riscontrati dalle associazioni in questi anni, infatti, è stata proprio la mancanza di dialogo con la Regione Lazio, la Asl e il municipio. Condizione però essenziale, spiegano gli attivisti, affinché si possano porre le basi per un progetto di questo tipo.

Il documento è stato illustrato oggi durante un'assemblea pubblica organizzata proprio a Rebibbia. Le associazioni hanno inviato al presidente della Asl Roma 2 Francesco Amato una lettera proprio per chiedere un incontro per spiegare il progetto del microdistretto e chiedere una collaborazione tra Asl, municipio e realtà sociali sulla pianificazione socio – sanitaria, oltre a chiedere notizie su cosa ospiterà effettivamente Villa Tiburtina. "Ci sono parecchi punti di domanda – spiegano gli attivisti – Vorremmo sapere quali servizi saranno attivati, in che tempi, e chi ci lavorerà visto che i fondi del PNRR finanziano solo le strutture".

Ma come si svolgerebbe nel concreto? "Lo scopo generale del progetto pilota è realizzare un caso/modello dove si mette in opera a pieno la riforma del SSN introdotta dalla Missione 6C1 del Pnrr in un contesto urbano, completando la ridefinizione dell’assetto amministrativo secondo il principio di sussidiarietà. Il microdistretto diventerebbe la prima unità funzionale del SSN. La CdC individua un microdistretto cui è assegnato il compito di farsi carico dei bisogni locali di cura, lasciando alla Asl funzioni finanziarie, amministrative, contabili e di indirizzo generale. La pianificazione socio-sanitaria sul territorio del microdistretto è il frutto di un confronto periodico tra le istituzioni preposte e le realtà sociali del territorio, organizzati nella Comunità Territoriale Rebibbia-Ponte Mammolo-Casal De’ Pazzi".

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