Bimba di sei anni rischia di morire per appendicite: ai genitori 70mila euro di danni

Una diagnosi errata e tre operazioni d'urgenza prima in un ospedale di Latina e poi in un'altra struttura della capitale. È così che una bimba di sei anni ha rischiato di morire per un'appendicite non diagnosticata. I fatti risalgono al 2013. Dopo quasi undici anni si è chiusa la causa civile al Tribunale di Latina: le due aziende sanitarie coinvolte dovranno versare un risarcimento di 70mila euro alla famiglia della piccola.
Appendicite non diagnosticata: cosa è successo
I fatti risalgono all'estate del 2013, quando la bimba è arrivata al pronto soccorso dell'ospedale di Latina. Aveva febbre alta, persistenti dolori addominali e vomito. Dopo una visita, alcune ecografie e la diagnosi di una sospetta infezione alle vie urinarie, la bimba è stata dimessa. Ma nella notte le sue condizioni sono peggiorate. I genitori della piccola hanno deciso di portarla in un'altra struttura, stavolta a Roma,
Dopo una visita e alcuni esami ecografici viene diagnosticata una sospetta infezione delle vie urinarie e la piccola viene dimessa. Quella notte le condizioni peggiorano, i genitori decidono di portarla in un altro ospedale, questa volta a Roma. Anche lì viene confermata la diagnosi e la bambina nuovamente rimandata a casa.
La scoperta dell'appendicite
I giorni sono passati ancora, i dolori non si sono arrestati. I genitori si sono rivolti nuovamente all'ospedale, stavolta al pronto soccorso di Latina dove è emerso che la piccola era affetta da appendicite acuta con ascesso peritoneale. La piccola è stata trasferita d'urgenza in un ospedale romano, dove è stata operata. Si tratta soltanto del primo di tre interventi per occlusione intestinale causata dalle aderenze post-operatorie, con conseguenze gravi e permanenti, come riporta il Messaggero, con un danno biologico permanente del 18% circa, con ripercussioni fisiche e psicologiche. Così è scattata la causa civile contro la Asl di Latina e l'ospedale di Roma, assistiti dall'avvocata Magda Salzillo.
Il processo e il risarcimento alla famiglia
All'inizio, le accuse alle strutture e alle rispettive Asl sono state respinte, poi, dopo due consulenze tecniche d'ufficio, è scattato il processo. Secondo quanto ricostruito, una consulenza chirurgica tempestiva avrebbe potuto evitare l'evoluzione in peritonite e le responsabilità, secondo quanto riportato dalle consulenze, sarebbe da attribuire in egual misura misura alle strutture. È da loro che, secondo la sentenza, deve arrivare il risarcimento di 70mila euro.